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Stato-Mafia, i pm di Palermo: “Il capo dello Stato non è un re”

Stato-Mafia, i pm di Palermo: “Il capo dello Stato non è un re”

La Procura di Palermo ha presentato questa mattina la costituzione in giudizio di fronte alla Corte Costituzionale nel conflitto d’attribuzione sollevato dal Presidente della Repubblica nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa stato-mafia. Per i pm palermitani, “se il capo dello stato avesse un’immunità assoluta e gli si riconoscesse una totale irresponsabilità giuridica anche per i reati extrafunzionali, questo coinciderebbe con la qualifica di “inviolabile” che caratterizza il sovrano nelle monarchie”.
Secondo il collegio difensivo della Procura di Palermo, composto dai professori Alessandro Pace, Giovanni Serges e Mario Serio, inoltre,

“non può ritenersi che l’essere rappresentante dell’unità nazionale possa costituire la fonte di ulteriori poteri, quali, nella specie, il potere di esigere la distruzione della documentazione delle intercettazioni di tutte le telefonate a lui rivolte ancorchè inviate da soggetti sottoposti ad indagine penale. Quindi la posizione del Presidente della Repubblica si affianca, a livello paritario, a quella degli altri organi dello Stato”.

La stessa Corte Costituzionale, nell’ordinanza con cui aveva ammesso il ricorso del Quirinale per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, aveva chiesto alla Procura di Palermo quante fossero le telefonate di Napolitano intercettate indirettamente e in che data fossero avvenute. Negli atti depositati oggi dai magistrati palermitani, si legge che le telefonate intercettate dell’ex ministro Nicola Mancino sono state ben 9295, delle quali “solo 4 hanno riguardato sue interlocuzioni” con il capo dello Stato. Le telefonate fatte da Mancino sono state registrate in un periodo che complessivamente va dal 7 novembre 2011 al 9 maggio 2012, tenendo sotto controllo sei utenze telefoniche.
I magistrati hanno inoltre voluto precisare che il verbale di polizia giudiziaria riguardante le intercettazioni indirette del presidente della Repubblica è stato redatto “senza l’indicazione del contenuto della conversazione”. Era stata proprio la Corte Costituzionale a richiedere il verbale, o “brogliaccio”, delle intercettazioni. Nella memoria presentata oggi dai pm palermitani si legge inoltre che non è mai stata effettuata “anche su disposizione della Procura della Repubblica di Palermo, alcuna trascrizione delle conversazioni tra il senatore Mancino e il presidente della Repubblica le cui registrazioni sono tuttora custodite dalla Procura della Repubblica“. Le telefonate tra Mancino e Napolitano, si legge ancora, “non hanno mai formato oggetto di deposito che determinasse la possibilità della conoscenza ad opera di qualsivoglia parte processuale“.

L.F.

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