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“Ti diamo la pena di morte se non confessi”: la polizia costringe 12enne ad addossarsi l’omicidio della sorella

“Ti diamo la pena di morte se non confessi”: la polizia costringe 12enne ad addossarsi l’omicidio della sorella

La sorella fu uccisa nel 2006 e la polizia ha fatto di tutto per fargli confessare il delitto. Questa è la storia di un ragazzino di 12 anni di Camden, in Arkansas, accusato di aver tolto la vita alla sorellina. Durante gli interrogatori, il ragazzo aveva dichiarato la propria estraneità nell’omicidio della sorella Kaylee Cogdell, di 11 anni: l’aveva ribadito per 36 volte. Estenuato, dopo tante ore di interrogatorio, il ragazzo ha chiesto qualcosa da mangiare, ma gli agenti glielo negano. Dopo tre ore di vane richieste, gli investigatori riaccendono il registratore e spingono il ragazzo a confessare l’assassinio, minacciandolo di mandarlo alla pena di morte. Per questo il ragazzo si assume le responsabilità dell’atroce accaduto.

Il ragazzo avrebbe raccontato di aver ucciso la sorella perché era un tipo prepotente: per questo, le avrebbe messo dei sacchetti intorno alla testa per darle una lezione. Il ragazzo era sicuro che, pur mentendo, sarebbe stato scagionato, in quanto era consapevole che sui sacchetti non c’era il proprio dna. La bambina, infatti, è stata ritrovata morta nel suo letto con dei sacchetti legati intorno alla testa. La calma del fratello dopo il ritrovamento della piccola avrebbe insospettito la polizia, che l’avrebbe interpretata come segno di colpevolezza.

Il ragazzo, ora maggiorenne, ha dichiarato, in una recente intervista, che al momento era terrorizzato e spaventato da quanto stesse accadendo: “Non mi hanno creduto e mi hanno minacciato di darmi la pena di morte“. Il ragazzo, infatti, ricorda ancora quei momenti in cui lui e la madre, Melody Jones, ritrovarono nel lettino la piccola Kaylee ormai priva di vita, legata al materasso con un guinzaglio del cane e con in testa i sacchetti della Wal-mart, nota catena di supermercati americana. La madre è andata in panico e lui ha chiamato il 911, spiegando all’operatore cosa fosse accaduto. Sia il ragazzo che i nonni hanno da sempre pensato che l’unica colpevole della morte della bambina fosse proprio la madre.

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