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Coca Cola, migranti ridotti in schiavitù per raccogliere le arance destinate alla Fanta

Coca Cola, migranti ridotti in schiavitù per raccogliere le arance destinate alla Fanta

La società Coca Cola dovrà rispondere a molte domande riguardanti le condizioni di diversi migranti che lavorano stagionalmente in Calabria raccogliendo le arance destinate a finire nelle lattine della celebre aranciata Fanta che, come notoriamente risaputo, è marchio di proprietà della Coca Cola. Si parla di condizioni di vita davvero da schiavi, paga ridicola che si aggirerebbe intorno ai 25 euro giornalieri per un lavoro massacrante, nessuna tutela per queste persone, molte delle quali hanno affrontato un rischioso viaggio attraverso in Mediterraneo in cerca di una nuova vita e che si trovano a raccogliere arance in una regione, la Calabria, che fornisce succhi concetrati per diverse multinazionali. L’inchiesta è stata condotta dal periodico The Ecologist e rilanciata dall’Independent.

Le prove raccolte da The Ecologist dimostrano che molti immigrati, alcuni dei quali si trovano in Italia illegalmente, vivono in condizioni disumane nei campi improvvisati a proprie case, senza corrente o servizi igienico-sanitari e cadono preda di gangmasters che in alcuni casi fanno pagare addirittura pagare una “tassa” per l’organizzazione degli spostamenti degli operai e per la loro “assistenza”. Coca-Cola, il cui livello mondiale di profitti nel 2010 profitti è stato pari a circa 7,5 miliardi di dollari, è uno delle maggiori acquirenti di succo di arancia concentrato in Calabria che utilizza per il suo marchio Fanta in Italia. La società ha riferito che il suo fornitore calabrese aveva fornito alla stessa un certificato di buona salute degli operai da un revisore indipendente, nel maggio scorso, ma ha ammesso che la lunghezza della filiera produttiva è talmente lunga da non poter garantire la stessa cosa per le aziende che lavorano in subappalto.

Gli attivisti ieri hanno invitato la società statunitense e di altri conglomerati producenti bevande ad aumentare il prezzo che pagano per gli operai calabresi che raccolgono arance e a stringere le loro procedure di controllo per ridurre al minimo il rischio che comunque si accollano i produttori di succo che si avvalgono di manodopera sfruttata. Pietro Molinaro, capo della Coldiretti Calabria, ha affermato che i precedenti tentativi di sollevare la questione dei prezzi bassi, nonché la questione delle condizioni di lavoro della manodopera, con grandi aziende tra cui Coca-Cola non aveva ricevuto una risposta. Coca-Cola ha riferito che una lettera mostrata loro da The Ecologist, era stata erroneamente indirizzata e riguardava un un prodotto concorrente.

Alla base di tutto ci sarebbero i prezzi da fame pagati dalle grandi multinazionali ai produttori – 7 centesimi al chilo. Petro Molinaro ha detto che il “prezzo appropriato” sarebbe di 15 centesimi. Il quotidiano britannico sottolinea però che non ci siano prove schiaccianti di cattiva condotta da parte di Coca-Cola o i dei suoi fornitori. In un comunicato, la società Coca Cola ha riferito: “La Coca-Cola Company ha riferito di “incoraggiare il rispetto dei diritti umani e le buone pratiche sul luogo di lavoro. I nostri principi guida dei fornitori prevedono il rispetto di tutte le leggi locali del lavoro, comprese quelle relative ai salari. Verificare  il rispetto dei nostri lavoratori e rispettare le leggi dei salari fa parte delle nostre linee guida”.

 

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