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Mose, 35 arresti a Venezia. Ai domiciliari il sindaco Orsoni

Mose, 35 arresti a Venezia. Ai domiciliari il sindaco Orsoni

Ha sviluppi clamorosi l’inchiesta condotta dalla Procura di Venezia sui presunti fondi neri accumulati nella costruzione del sistema Mose per la difesa della città lagunare dalle acque alte. Questa mattina, infatti, è stato arrestato anche il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, ora ai domiciliari, e la Procura avrebbe chiesto l’arresto anche dell’ex governatore ed ex ministro Giancarlo Galan, sul quale, essendo ora deputato, dovrà pronunciarsi la Camera. In tutto sarebbero 35 le persone arrestate, e gli indagati sarebbero un altro centinaio. In manette anche l’assessore regionale alle Infrastrutture Renato Chisso, di Forza Italia, il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo, il generale in pensione Emilio Spaziante e due ex presidenti del magistrato alle acque, emanazione del Ministero delle Infrastrutture.

Le accuse vanno dai reati fiscali e contabili alla corruzione, dalla concussione al finanziamento illecito. Il procuratore aggiunto di Venezia Carlo Nordio ha spiegato che i fondi neri del Mose “sono stati utilizzati per campagne elettorali e, in parte, anche per uso personale da parte di alcuni esponenti politici. Hanno ricevuto elargizioni illegali persone di entrambi gli schieramenti”. Nello specifico, il sindaco di Venezia Orsoni è accusato di aver ricevuto finanziamenti illeciti dal Consorzio Venezia Nuova per le elezioni comunali del 2010, che lo vedevano candidato sindaco per il Pd. Nel 2010, una somma di 11 mila euro sarebbe stata versata dal Consorzio al comitato elettorale del candidato sindaco senza che fosse preventivamente deliberata dagli organi competenti e messa a bilancio come finanziamento elettorale, e vi sarebbero altre somme contestate per un totale di circa 400 mila euro.

L’ex presidente della Regione Veneto Galan è invece accusato di corruzione per aver ricevuto, tra l’altro, 200 mila euro da Piergiorgio Baita del gruppo Mantovani per accelerare le procedure di approvazione di project financing di Adria Infrastrutture. L’ex ministro, inoltre, si sarebbe fatto ristrutturare la villa di Cinto Euganeo tramite il gruppo Mantovani. Gli arresti di oggi in Veneto derivano da un’inchiesta della Guardia di Finanza di Venezia avviata circa tre anni fa, quando il pool di pm Stefano Ancillotto, Stefano Buccini e Paola Tonino aveva scoperto che l’ex manager della Mantovani Giorgio Baita, con l’assenso del suo braccio destro Nicolò Buson, aveva distratto dei fondi relativi al Mose in una serie di fondi neri all’estero.

Secondo l’accusa, il denaro veniva portato da Claudia Minutillo, imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San Marino, dove i soldi venivano riciclati da William Colombelli tramite la sua azienda finanziaria Bmc. I finanzieri avevano scoperto che almeno 20 milioni di euro, così occultati, erano finiti in conti esteri ed erano probabilmente destinati alla politica, il che ha poi portato all’operazione di questa mattina. Lo stesso pool aveva poi disposto l’arresto di Giovanni Mazzacurati, ai vertici del Consorzio Venezia Nuova (Cvn), ora ai domiciliari che era stato definito “il gande burattinaio” di tutte le opere riguardanti il Mose. Proprio indagando su di lui erano venute fuori fatture false e bustarelle che hanno portato all’arresto di Pio Savoli e Federico Nutto, rispettivamente consigliere e dipendente di Cvn, e di quattro imprenditori che si sarebbero spartiti lavori per importi milionari.

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