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Concordia, rivelazioni shock di Schettino: “Tutti chiederanno scusa”

Concordia, rivelazioni shock di Schettino: “Tutti chiederanno scusa”

Il comandante Francesco Schettino non ci sta: da mesi ormai ritiene di essere vittima di scherno e diffamazioni ingiustificate e vuole rimettere le cose a posto, raccontare la sua verità.

“Sul mio conto ormai leggo solo indecenti falsità”, racconta al Giornale. “Ci sono prove, allegate all’inchiesta, che raccontano completamente un’altra storia e dimostrano come il sottoscritto non sia capitan codardo”.

Nonostante riconosca che “le vere vittime sono altre”, ovvero le 32 persone che hanno trovato la morte nel naufragio della nave da crociera, il comandante della Costa Concordia ritiene comunque di aver agito per il meglio e di essere stato oggetto di una serie di macchinazioni volte ad addossare a lui tutta la colpa.

“Sto scrivendo un libro”, spiega infatti, “e senza fare sconti a nessuno tirerò fuori ciò che non vogliono venga alla luce”.

Ma quali sarebbero quindi le “verità sconvolgenti” che Schettino promette di raccontare nella sua biografia?
Tanto per cominciare, come lui stesso racconta ai giornalisti del Giornale, ci sono “le prove snobbate, le carte nascoste, le registrazioni integrali divulgate in modo volutamente parziale o capzioso come quella del “Torni a bordo, cazzo!”, la famosa frase pronunciata dal capitano De Falco la notte del naufragio.
Quel file audio in particolare, secondo Schettino sarebbe stato diffuso proditoriamente, per giustificare il suo arresto, dettato più da necessità mediatiche che legali.
Nella ricostruzione di Schettino, anche lo stesso De Falco, considerato un eroe dall’opinione pubblica, si sarebbe comportato in modo sospetto, “vittima” di un “terribile gioco più grande di lui”.

“Chi va per mare sa che le comunicazioni di emergenza sono registrate”, precisa l’ex comandante della Concordia, “non c’era alcun bisogno di rimarcarlo e scandirlo con quel tono minaccioso, quasi a imperitura memoria. Il tempo correva veloce, la gente rischiava la vita, io cercavo di fare il massimo. E quello che fa? Anziché coordinarsi con il comando generale della capitaneria di porto di Roma, col quale avevo in precedenza e senza alcuna difficoltà e animosità concordato le modalità di soccorso, minaccia di mandarmi in galera. Difatti De Falco esordisce dicendo che chiamerà il “procuratore cazzo”anteponendo così l’attività investigativa/giudiziaria a quella dei soccorsi. Chissà forse ha fatto questo perché De Falco è anche avvocato.”

Diversa è anche l’interpretazione del suo comportamento nelle ore concitate che sono seguite al naufragio presso l’isola del Giglio: Schettino ritiene di non aver propriamente abbandonato la nave, ma di essersi messo in salvo per poter salvare altre vite, cosa che afferma di aver fatto, mollando anche un pugno al guidatore di una lancia che era rimasto paralizzato dalla paura.
Ma non è tutto, chiarisce Schettino ai giornalisti. Nel libro ci sarà molto altro, compresa contestazione delle accuse, poi cadute, di aver tentato di rubare la scatola nera della nave.

“C’è da parlare del vergognoso gossip pruriginoso che tanto ha interessato i media, delle manovre disperate per portare la nave a incagliarsi sugli scogli (lì c’è la prova della scatola nera, non si scappa), dei rapporti con i vertici della Costa, delle schede telefoniche comprate per concordare versioni a me sfavorevoli, degli inchini, del bluff delle ancore usate come freno. Presto tirerò fuori verità sconvolgenti. E allora chi mi avrà denigrato dovrà chiedere scusa non a me ma ai familiari delle vittime e alla opinione pubblica che è stata truffata con informazioni false e depistanti”.

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