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Altri tre suicidi per la crisi, ma ecco come funziona in Europa

Altri tre suicidi per la crisi, ma ecco come funziona in Europa

Altre tre persone hanno deciso di togliersi la vita, sulla scia dei suicidi che stanno avvenendo in tutta Italia in questi giorni. Le motivazioni sono sempre le stesse: impossibilità a pagare i debiti, a mangiare, disoccupazione, precarietà e così via. Anche se i dati dell’ISTAT affermano il contrario.

Un uomo di 60 anni – titolare di un’azienda in crisi – si è impiccato a Cesate, in provincia di Milano. Il cadavere è stato rinvenuto nei boschi del Parco delle Groane da alcuni passanti, che hanno immediatamente dato l’allarme ai Carabinieri. Accanto al corpo, è stato trovato un biglietto che l’uomo aveva lasciato, motivando il gesto e spiegando la difficoltà a pagare i debiti.

A Salerno, il suicidio di Generoso Armenante che era disoccupato da 2 anni, quando perse il suo lavoro di custode. Continuava a vivere nell’alloggio di servizio ma, quando gli è stata data la notizia che avrebbe dovuto lasciare la casa dove aveva vissuto, ha deciso di impiccarsi. L’uomo aveva appena finito di pranzare con la famiglia, poi si è appartato e si è tolto la vita. La figlia ha trovato il corpo del padre ormai senza vita e, piangendo ed abbracciandolo, ha allertato la Polizia. Anche in questo caso, è stato trovato un biglietto d’addio: “Perdonatemi, sono un fallito. Non ce l’ho fatta più, per questo motivo ho deciso di sparire per sempre“.

Il terzo suicidio – a San Valentino Torio, in provincia di Salerno – è stato quello di Angelo Coppola, un operaio edile di 62 anni. Disoccupato dal Natale scorso, si è fucilato al petto nella sua abitazione. Accanto al corpo dell’uomo, un chiaro biglietto: “Senza lavoro non si può vivere“. Il cadavere dell’uomo è stato rinvenuto dalla famiglia. L’operaio aveva, inoltre, numerosi problemi economici, proprio a causa della mancanza di lavoro.

Ed il mondo politico? Continua a dimenticarsi dell’articolo 1 della Costituzione italiana: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro“. I politici continuano ad avere stipendi da urlo, vitalizi da 3 mila euro al mese – anche chi ha fatto il Parlamentare per un solo giorno – e a dissanguare chi, invece, ha sempre di meno. Uno spreco di denaro pubblico che sembra non importare neanche al Presidente del Consiglio Mario Monti – e a chi c’è stato prima di lui – che ha affermato: “Le conseguenze umane della crisi dovrebbero far riflettere chi ha portato l’economia in questo stato e non chi da quello stato sta cercando di farla uscire“, dimenticandosi di dire che – forse, non tutti lo sanno – nel resto d’Europa, le cose sono un po’ diverse.

In molti paesi d’Europa, infatti, ai cittadini è garantito un reddito minimo contro la disoccupazione e la povertà. Questo diritto esiste, infatti, in tutti gli stati membri dell’Unione Europea, tranne in Italia, Grecia e Bulgaria. In Inghilterra, ha il nome di “Income-based Jobseeker’s Allowance“, non ha un limite temporale, se ne ha diritto dai 18 anni e, se si ha un reddito inferiore a circa 13 mila euro, ammonta a 300 euro al mese. In Francia, si parte da un minimo di 425 euro al mese, che aumenta se le famiglie sono numerose e l’età minima per percepirlo è di 25 anni. In Norvegia, esiste addirittura il “reddito di esistenza” che corrisponde a 500 euro mensili e per cui non vi sono limiti di età; inoltre, lo Stato stesso prepara le dichiarazioni dei redditi ed i cittadini vengono aiutati attivamente ad inserirsi nel mondo del lavoro e, se dovessero continuare a non trovare un impiego, è previsto un sussidio di circa 1.150 euro al mese. In Germania, l’aiuto economico è di 345 euro al mese, ma è di più se le famiglie sono numerose e può essere percepito dai 16 ai 65 anni.

Insomma, è chiaro che tutti i paesi dell’Unione Europea hanno una sorta di “assicurazione”, nel caso in cui una persona perda improvvisamente il lavoro, non lo trovi o si trovi in gravi condizioni economiche. “Assicurazione” che – il tutto rispondendo a determinate caratteristiche, che variano da paese a paese, per accertare il reale bisogno e la reale difficoltà a trovare un impiego – aiuta ad evitare tragici risvolti come quelli a cui stiamo assistendo in questi giorni, in Italia. Provvedimenti europei che i nostri politici si guardano bene dal pronunciare quando, sempre più spesso, ci paragonano – erratamente – ai nostri compagni europei.

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