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Parkinson, speranza dalle cellule staminali

Parkinson, speranza dalle cellule staminali

I finanziamenti per la ricerca sono sia statunitensi, sia europei del consorzio “NeuroStemCell”, ma i ricercatori sono principalmente americani, sebbene il coordinamento sia stato affidato alla Dottoressa Elena Cattaneo dell’università di Milano. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Nature” e mostra come si potrebbe trasformare le cellule staminali di origine embrionale in neuroni umani capaci di sostituire quelli distrutti dal morbo di Parkinson. I neuroni, una volta rigenerati, avrebbero un alto grado di sopravvivenza (si parla di decenni), permettendo quindi un sostanziale miglioramento a lungo termine per chi si ammala di questa patologia (che solitamente colpisce in età avanzata.

Sono passati parecchi anni ormai dalla decisione di parecchi paesi di approvare l’utilizzo di cellule staminali provenienti da embrioni umani, sebbene la resistenza di istituzioni religiose come la Chiesa Cristiana Cattolica sia stata molto forte. Oggi sembra finalmente di vederne i primi frutti. Queste cellule potrebbero curare il morbo di Parkinson perché potrebbero favorire la crescita di dopamina, una molecola fondamentale che da segnali al cervello e che manca nei malati di questa malattia.

La sopravvivenza di questi neuroni era il principale ostacolo per il trapianto di questi neuroni nel cervello, che avendo una durata troppo limitata provocavano un rigetto e quindi addirittura l’insorgere di tumori. Un altro ricercatore, il dottor Lorenz Studer ha dichiarato: “stiamo lavorando per produrre queste cellule in condizioni adatte per gli studi clinici, ma è un processo che richiede adattamenti complessi, i primi studi sui pazienti non potranno iniziare che tra 3 o 4 anni.”

Elena Cattaneo, direttore del Centro di Ricerca sulle staminali dell’Università di Milano e coordinatrice della ricerca, ha dichiarato: “questo lavoro rappresenta un importante passo in avanti verso le possibili applicazioni cliniche delle cellule staminali embrionali umane e pongono una sfida all’Europa riguardo alla legislazione futura e alla competitività in questo campo”.

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