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Megaupload chiuso, fondatore arrestato e gli attacchi di Anonymous: tutto sulla vicenda

Megaupload chiuso, fondatore arrestato e gli attacchi di Anonymous: tutto sulla vicenda

Enorme è la delusione e la rabbia scoppiata tra gli internauti in seguito alla notizia della chiusura del maggior servizio mondiale di streaming e file sharing su internet, Megaupload.com. Uno dei siti più popolari di tutta la rete e da cui centinaia di migliaia di utenti caricavano e scaricavano film, serie tv e software piratati. Chiuso ovviamente anche Megavideo, come tutti gli altri siti del network.
La chiusura del sito, come ormai è noto, è stata ordinata dal Dipartimento di Giustizia statunitense incriminando diversi amministratori per violazione della proprietà intellettuale e riciclaggio di denaro sporco. Il principale accusato, però, è Kim Schmitz,  fondatore, 37 anni e residente ad Honk Kong e in Nuova Zelanda, il quale rischierebbe fino a 50 anni di carcere. Come riferito dal dipartimento della Giustizia Schmitz e altri sei collaboratori sono “responsabili di pirateria informatica massiccia su scala globale, la cui attività ha generato oltre 175 milioni di dollari di guadagni illeciti provocando oltre 500 milioni di proprietari delle opere protette”.

Arrestato in Nuova Zelanda insieme ad altri 3 collaboratori, Schmitz ha dichiarato “di non avere nulla da nascondere“. Megaupload traeva profitto dalle pubblicità presenti sul sito e dagli abbonamenti che gli utenti sottoscrivevano per avere download più veloci. Tuttavia, mentre il sito ha sempre ribadito che “La stragrande maggioranza del traffico generato dal sito è legale”, di tutt’altro avviso è stato il Dipartimento di Giustizia, considerando Megaupload un sito che ha “riprodotto e distribuito illegalmente su larga scala copie illegali di materiale protetto da copyright, tra cui film – anche prima dell’arrivo in sala – musica, programmi televisivi, libri elettronici e software”. Alla chiusura di Megaupload, immediate sono seguite le reazioni del popolo del web. Centinaia i gruppi nati su Facebook a sostegno della piattaforma, affinchè venga al più presto riaperta.

Ma la protesta via internet si è scatenata anche a livelli, per così dire, superiori. Difatti anche Anonymous ha lanciato il suo contrattacco in seguito alla chiusura di Megaupload attaccando il Dipartimento di Giustizia americano, la Universal Music, la RIAA e la MPAA. Infatti i siti Justice.gov e Universalmusic.com sono andati offline ieri pomeriggio intorno 16,30. Uguale sorte è toccata ai siti Riaa.com e Mpaa.org.  Gli attacchi di Anonimous sono seguiti proprio alle dichiarazioni della MPAA (Motion Picture Association of America),che si è detta favorevole all’oscuramento di Megaupload, in virtù della protezione della proprietà intellettuale, e della RIAA (Recording Industry Association of America) profondamente grata dell’arresto del fondatore di Megaupload. In particolare, Anonymous ha pubblicato su internet l’indirizzo privato e i nomi dei familiari dell’amministratore delegato di Mpaa, Chris Dodd. Per gli attacchi, la celebre rete di hacker ha adoperato un software, Loic, capace di utilizzare la potenza di calcolo di altri computer per attacchi online, all’insaputa degli utenti. Ma non finisce qua. Anonymous ha fatto sapere dal proprio account Twitter che Megaupload è tornato sotto nuovo nome Megaupload.bz – e che, dunque, non è finita.

Le incursioni informatiche, però, sono continuati nel corso della notte. Colpiti da Anonymous sono stati anche i siti della Warner Bros e dell’FBI, rea di aver oscurato Megaupload e i siti del suo network, oltre ad aver, ovviamente, arrestato Schimtz. Si tratta probabilmente di uno dei maggiori attacchi perpetrati da Anonymous. Ricordiamo già qualche mese fa quelli messi a segno contro siti come PayPal, Mastercard e Bank of America per aver ostacolato i finanziamenti a WikiLeaks, sito di Julian Assange.

C’è da dire che il duro colpo dell’oscuramento di Megaupload, e dell’arresto del suo fondatore, arriva a poche ore dallo sciopero in internet per protestare contro il Sopa, la legge antipirateria attualmente in discussione al Congresso che, secondo internet company quali Google e Wikipedia, metterebbe a repentaglio la libertà di espressione on line. Ulteriori aggiornamenti nel corso delle prossime ore.

 

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