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Colera a Cuba, i contagiati sono 158

Colera a Cuba, i contagiati sono 158

Dopo ben 11 giorni di silenzio, il Governo di Cuba ha deciso di uscire allo scoperto su quella che è stata la prima ondata di calore che si è diffusa nel Paese da 130 anni a questa parte. Il governo cubano ha riconosciuto che finora ci sono stati 158 contagi. Il Ministero della Salute ha evitato di parlare di epidemia parlando, in un comunicato stampa, di casi accertati nella città di Manzanillo, a 750 chilometri a sudest dell’Avana.

I contagiati sarebbero “pazienti isolati” che saranno “esaminati e curati rapidamente”. La malattia, ha aggiunto il Ministero, “non è in procinto di diffondersi”. Il Governo, inoltre, pur ammettendo di aver rafforzato la vigilanza medica e le precauzioni igieniche, parla di soli tre morti e di diffusione sotto controllo. Tuttavia, secondo i media stranieri e i dissidenti, i numeri della tragedia sarebbero ben altri: nell’isola caraibica un’epidemia di colera ha già mietuto nelle ultime settimane decine di vittime, forse più di 120, mentre le persone colpite sarebbero addirittura un migliaio.

Come accennato l’epicentro della malattia è la località di Manzanillo, a est del Paese, una città marittima di 130 mila abitanti e distante oltre 800 chilometri dall’Avana. L’ultima epidemia di colera a Cuba si registrò nel 1882, mentre l’ultimo caso nel 1959, pochi giorni dopo le fine del regime di Fulgencio Batista, al quale subentrò Fidel Castro. 

Ora, innanzitutto è da capire come si sia diffuso il virus nel Paese. Le ipotesi attualmente al vaglio degli esperti sono due: si pensa all’inquinamento degli impianti idrici peggiorato dalle piogge e dalle alte temperature della scorsa settimana, così come suggerisce il ministero della Sanità. Altri, invece, ritengono che il contagio del colera sia stato provocato dai medici e dagli infermieri che hanno lavorato a Haiti per curare lo stesso colera, dopo il terremoto del gennaio 2010. Ad Haiti, un’epidemia di colera uccise oltre 7.000 persone. In quel frangente si ipotizzò che il batterio fosse stato involontariamente diffuso da alcuni soldati delle Nazioni Unite, provenienti dal Nepal.

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