Sono circa 200 le vittime del golpe in Turchia, fallito questa mattina dopo poco più di quattro ore e si tratta di 41 ufficiali di polizia, due soldati, 47 civili ed un altro centinaio di persone descritte come complottisti, mentre i feriti sono circa 1200 ed oltre 2800 i militari arrestati. Un tragico bilancio che conclude questo tentativo di rovesciare il governo del sultano Tayyip Erdogan, che spazzando via la resistenza rafforza la sua posizione.
“Dobbiamo continuare a mantenere il controllo delle strade anche stasera, non importa a quale costo, perché un tentativo di riacutizzazione potrebbe accadere in qualsiasi momento“, ha dichiarato Erdogan dopo il suo rientro ad Instanbul, durante il quale si è concesso ben più di un bagno di folla nella zona dell’aeroporto.
Ancora non si sa a chi attribuire la responsabilità del golpe, ma in molti pensano che chi ha orchestrato il colpo di stato sia Muharrem Kose, un ufficiale rimosso nel marzo scorso dallo staff dello Stato maggiore turco. Tuttavia, il premier turco Binali Yildirum è convinto che il golpe possa essere attribuito a Fethullah Gulen, musulmano che dal 1999 vive negli Stati Uniti verso il quale lo stesso Erdogan aveva già puntato il dito e questo provoca non poche tensioni tra Turchia ed America, specie dopo le ultime dichiarazioni del primo ministro:”Non riesco a immaginare un Paese che possa sostenere quest’uomo, questo leader di un’organizzazione terroristica, soprattutto dopo la scorsa notte. Un Paese che lo sostenga non è amico della Turchia. Sarebbe persino un atto ostile nei nostri confronti“.
Tra i 2800 arrestati, 1563 sono militari dell’esercito turco e desta molta preoccupazione la sorte che il governo turco ha in serbo per i prigionieri dato che, sebbene nella costituzione del Paese non sia prevista la pena di morte, il premier turco Binali Yildirum non esclude la possibilità di apportare dei significativi cambiamenti che potrebbero portare anche alla decisione di condannare i prigionieri alla pena capitale come monito per futuri tentativi di colpi di stato. Anche il presidente Erdogan ha promesso che i traditori pagheranno un prezzo particolarmente alto per il loro gesto.
Un elemento particolarmente preoccupante è l’assordante silenzio della Nato, che avrebbe potuto invocare l’articolo 5 del Trattato, che richiama il mutuo soccorso di fronte ad un attacco armato contro una o più parti del Patto e la base di Incirlik in Turchia è sicuramente una roccaforte fondamentale nella lotta contro l’Isis. La dichiarazione del presidente Obama, così come quelle di Hilary Clinton e del segretario della Nato, Jens Stoltenberg si dichiarano favorevoli alla democrazia in Turchia, senza mai fare riferimento alla figura del presidente, mentre la Russia è preoccupata per la sorte dei connazionali in Turchia e Berlino dichiara il suo appoggio all’attuale governo.
Al momento, comunque, assisteremo ad una reazione violenta e prepotente da parte di Erdogan, che sicuramente non esiterà ad utilizzare la forza per scovare i golpisti ed i membri della resistenza e dopo aver rastrellato sia il sistema militare che quello giudiziario, molto probabilmente ci si potrà aspettare una prova di forza anche in campo politico e quindi si teme che la Turchia possa ritornare a posizioni ultraconservatrici e di chiusura verso l’Occidente.