Rimangono inascoltati gli appelli a rispettare i diritti umani in Siria, dove invece si continua a cannoneggiare le città, dove i dissidenti protestano per ottenere le dimissioni del dittatore Bashar Assad, il quale, deferito dalla Lega Araba, messo sotto accusa da praticamente tutti i paesi della comunità internazionale e continuamente avvisato di non sorpassare il limite… allegramente continua a far intervenire l’esercito con armi da guerra in pugno e facendo compiere arresti di massa fra i dissidenti.
La tensione ieri è tornata a salire quando le forze filo governative hanno fatto salire il bilancio dei morti fra gli attivisti dell’ultima settimana a 44. A denunciarlo sono gli attivisti per i diritti umani, che lanciano l’allarme su internet o attraverso le tv arabe, che mandano immagini terribili, con scene di violenze e soprusi, che purtroppo nessuno sembra poter fermare.
A nulla era servita la parola degli ambasciatori di Bashar Assad, i quali avevano promesso ad un incontro al Cairo di far tornare la situazione ad un dibattito democratico, aggiornando di giorno in giorno i paesi della Lega Araba sui progressi nella conciliazione coi manifestanti. Promesse da marinaio, come al solito, quelle del dittatore, che ha anzi approfittato della momentanea caduta delle proteste di chi, speranzoso, voleva davvero iniziare un tavolo di trattativa, per compiere ulteriori arresti ed attacchi all’opposizione.
Adesso il timore è che gli sporadici colpi provenienti dai carri armati attorno alla città di Homs si trasformino in un vero e proprio attacco con tutte le carte in regola. Il Consiglio Nazionale Siriano lancia l’allarme e chiede che si fermi quello che le truppe di Damasco stanno per compiere ad Homs: “fermate il massacro di Homs! Ormai hanno circondato completamente la città con migliaia di soldati e centinaia di carri armati. Se la situazione continuerà a peggiorare Assad non esiterà a far fuoco e migliaia di persone innocenti perderanno la vita!”
Al riguardo le reazioni internazionali sono state come al solito troppo quiete o comunque inutilmente tempestive a parole, ma lente nei fatti. La maggior parte delle cancellerie ha condannato più o meno esplicitamente la faccenda, mentre il dipartimento di Stato Usa si è detto “estremamente preoccupato per l’evolversi della situazione siriana“, mentre una condanna un po’ più diretta arriva dalla Gran Bretagna, che invita Bashar Assad a “ritirare immediatamente le proprie truppe prima di attirare su di se l’irreparabile”.