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Programmatore web: i più comuni miti da sfatare 

Programmatore web: i più comuni miti da sfatare 

Il lavoro del programmatore web è uno dei più richiesti, e chi sceglie questa carriera ha spesso davanti a sé un percorso pieno di soddisfazioni. Ciononostante persistono alcuni pregiudizi e idee errate sui developer e sulla programmazione in generale, che purtroppo dissuadono tanti dall’intraprendere questa professione. Considerati i tanti vantaggi e le ottime prospettive future del settore, è un vero peccato. È allora giunto il momento di sfatare questi miti infondati e di fare un po’ di chiarezza su quello che significa sul serio lavorare come programmatore web.

1. La programmazione è solo per i geni

Certo, chi lavora come programmatore forse ha tutto da guadagnare se questo mito persiste, ma la verità è che non c’è bisogno di essere degli Einstein per diventare developer. È vero che a un bravo sviluppatore serve un’ottima capacità di pensiero logico-analitico, ma si tratta di un’abilità che si può esercitare con la pratica. Sicuramente, come ogni volta che si impara qualcosa di nuovo, le sfide e le difficoltà non mancheranno, ma con determinazione e pazienza gli ostacoli si superano.

2. Senza laurea non si può imparare a programmare

Sbagliato! La laurea è soltanto una delle tante strade che portano alla professione del programmatore, di certo non è l’unica. Del resto, nel 2021 dovremmo ormai saperlo: con una connessione internet e le risorse giuste si può imparare quasi tutto. A parte le risorse sparse in rete per imparare da autodidatti, che possono a volte rivelarsi un po’ dispersive, si può studiare coding senza andare all’università grazie a un corso da programmatore informatico su aulab. In tre mesi (e non tre anni) si possono acquisire solide basi che permettono di avviare una carriera da developer.

3. C’è un’età giusta per imparare a programmare

Niente di più sbagliato: si può imparare a ogni età, non è mai troppo presto o troppo tardi. I corsi di coding per bambini sono ormai diffusissimi, e in molte scuole in Italia e nel mondo la programmazione fa ormai parte del curriculum. Ciò non vuol dire, ovviamente, che non si possa imparare più avanti con gli anni. La professione del web developer non è un’esclusiva dei giovani appena usciti da scuola, al contrario: tanti la scelgono come opzione per dare una nuova direzione alla propria carriera.

4. Programmare è un lavoro noioso e solitario

Lasciamoci alle spalle una volta per tutte l’idea del programmatore da solo, al buio in uno scantinato. Per creare siti e applicazioni il più delle volte c’è bisogno del lavoro di un team intero, che collabora perché il progetto fili liscio come l’olio. Non per nulla, tra le più importanti soft skill richieste per questo lavoro ci sono capacità di fare lavoro di squadra e di comunicare efficacemente

Di noia, poi, non se ne parla neanche. Un bravo programmatore sa che il suo lavoro è fatto di idee creative, intuizioni per risolvere problemi complessi, sfide quotidiane per scrivere codice pulito e funzionante. Gli stimoli, le opportunità di crescita e le cose da imparare non mancano mai.

5. Le donne non sanno programmare

Diciamolo subito: chi inizia una frase con “Le donne non sanno…” difficilmente ha qualcosa di interessante da condividere con il mondo. Per quanto riguarda la programmazione, il divario tra uomini e donne è dovuto in gran parte a pregiudizi culturali duri a morire, come l’idea che esistano lavori “da maschi” o “da femmine”. Il divario si sta però accorciando e le iniziative per la parità nel settore ITC attirano ogni volta l’interesse di tantissime ragazze e donne. Chi ancora non sia convinto forse non ha mai sentito nominare Ada Lovelace, che ha creato il primo algoritmo pensato per una macchina ed è dunque considerata da molti la prima programmatrice di computer nel mondo.

Adesso che ci siamo tolti di mezzo questi miti, speriamo che la carriera del programmatore appaia per quel che è realmente: un’opportunità di lavorare in un campo entusiasmante e in crescita continua.

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