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Il Pentagono lascia gli F-35 a terra: “Non sono abbastanza sicuri”

Il Pentagono lascia gli F-35 a terra: “Non sono abbastanza sicuri”

Il Pentagono ha deciso di lasciare a terra l’intera flotta di 97 aerei militari Lockheed Martin Corp F-35 fino a che non verranno compiuti i “controlli necessari” sulla loro sicurezza, dopo che il 23 giugno il motore di uno di questi velivoli ha preso fuoco mentre era in fase di decollo da una base in Florida. L’incendio, che non ha provocato vittime, è divampato dopo che l’aereo aveva perso alcuni pezzi sulla pista. Il portavoce del Pentagono ha spiegato: “Le cause dell’episodio restano sotto osservazione. Sono state ordinate altre ispezioni ai motori e il rientro in servizio è legato alle verifiche”. Fin dall’avvio del programma, lo sviluppo degli F-35 è stato segnato da anomalie, aumento dei costi e polemiche, sia negli Stati Uniti che negli altri Paesi che hanno deciso di contribuire alla produzione, fra cui anche l’Italia.

Secondo il Washington Post, inoltre, a giugno un pilota di un F-35 aveva notato una perdita d’olio e gli addestramenti erano stati sospesi per compiere le verifiche necessarie. E anche in Italia, che doveva acquistarne 90 esemplari, si è riaccesa la polemica. Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, già il 24 giugno, aveva spiegato che il “programma complessivo” resta sospeso e “sarà definito nuovamente” dopo la stesura del Libro Bianco che definirà ciò che serve “per soddisfare le nostre necessità di difesa“. Ad oggi, i contratti già sottoscritti ed operanti riguardano solo i lotti 6 e 7, per un totale di sei velivoli. Il capogruppo Pd in Commissione difesa alla Camera Gianpiero Scanu ha precisato: “La nostra partecipazione al progetto non è in discussione, ma, allo stesso tempo, considero impossibile che si possa procedere all’acquisto anche di un solo aereo senza che ci sia un riconoscimento unanime della sicurezza e della praticabilità di questo strumento.

Nella mattinata di ieri era intervenuto sull’argomento anche il ministro degli Esteri Federica Mogherini, che aveva affermato ai microfoni di Radio Capital: Non sta a me dare giudizi tecnici. La strategia italiana di difesa è sotto revisione, c’è una discussione anche su quali aerei comprare. Sicuramente anche noi avremo bisogno di riaggiornare i nostri strumenti militari, molti sono vecchi. Una discussione da fare anche con gli americani”. Nettamente contrario all’acquisto, invece, il leader di Sel Nichi Vendola, che ha scritto su Twitter: “F35 costano troppo e funzionano male, governo italiano la smetta con l’acquisto, utilizzi risorse per scuola e piano per lavoro“.

C’è preoccupazione, intanto, nello stabilimento di Cameri, in provincia di Novara, dove circa 200 persone lavorano allo sviluppo delle componenti italiane del progetto, per le possibili conseguenze dello stop del Pentagono. Stando a quanto dichiarato in un’intervista dal generale Domenico Esposito, capo della direzione armamenti aeronautici, il programma F-35 ha per l’Italia un costo di 14,3 miliardi di euro in tre anni, compresi due miliardi già spesi. Ogni singolo velivolo costerà alle nostre forze armate 74 milioni di euro (per i 74 esemplari di tipo “Ctol”, a decollo ed atterraggio convenzionali) oppure 88 milioni di euro (per gli altri 30 caccia di tipo “Stovl”, a decollo corto ed atterraggio verticale, da usare sulle navi senza un ponte sufficientemente lungo).

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