Le idee all’avanguardia provenienti dall’Olanda continuano a far scalpore e suscitare polemiche sia nel paese che in Europa. Si chiama “Levenseindekliniek”, letteralmente significante “clinica di fine vita” ed è un nuovo servizio offerto nel paese dei tulipani. Sei team composti da infermieri e medici viaggiano infatti per tutto il Paese in modo da praticare l’eutanasia a quei pazienti che non hanno più alcuna speranza di sopravvivere a terribili malattie e che soffrono terribilmente. Il tutto al proprio domicilio e gratuitamente. Si stimano in circa un migliaio le domande che arrivano all’anno per un servizio del genere.
La clinica è stata avviata dall’associazione per una morte volontaria (NVVE) di Amsterdam. Pochi i requisiti richiesti per accedere al servizio: ottemperare alle vigenti norme di legge in materia e non aver trovato la collaborazione del proprio medico curante per soddisfare la pratica della “dolce morte”.
Nel 2002 l’Olanda è stata il primo Paese al mondo a legalizzare l’eutanasia. Come afferma Walburg de Jong, portavoce NVVE “si stima che ogni anno vengano portate a termine circa 3100 eutanasie. Ci attendiamo una media di 1000 richieste ogni anno per il nostro servizio, e negli ultimi giorni ne abbiamo già avute 70”. Per accedere alla procedura di eutanasia, non solo a quella a domicilio, oltre ai requisiti di cui prima abbiamo detto, bisogna essere nel pieno possesso delle proprie facoltà mentali. Infatti, la procedura non può essere richiesta da familiari dei pazienti. Occorre poi che il medico curante del paziente e un altro specialista diano il nulla osta alla procedura certificando l’incurabilità della condizione patologica del paziente. Ogni caso viene infine verificato da una commissione composta da un medico, un giurista e un esperto di Etica.
Il ministro della Salute, Edith Schippers, non ha mostrato obiezioni ai team ambulanti, ma vorrebbe che fosse però il medico di famiglia a praticare l’eutanasia al proprio paziente. Critiche, prevedibilmente, sono invece arrivate dalla più importante associazione di medici nazionale, la KNMG, che solleva problemi di natura deontologica che seppur “non contrari all’eutanasia quando non c’è alternativa” ritengono che, essendo il processo alquanto complicato, “i pazienti non possono avere il tempo di instaurare una relazione sufficientemente profonda con i loro pazienti in modo da valutare con equilibrio le loro richieste di eutanasia”.