Una banale lite scaturita per una sigaretta non concessa, un pugno e una vita spezzata. La terribile vicenda è accaduta al Centro Commerciale Parco Leonardo di Roma. Sono scattate le manette per un sedicenne che ha colpito con un pugno alla tempia il coetaneo Simone C., solo perché gli aveva rifiutato una sigaretta. Il minore è accusato di omicidio preterintenzionale. Simone aveva solamente 16 anni: una vita spezzata e una madre piegata dal dolore, che non riesce a spiegarsi l’assurda fine del figlio.
Intorno alle 17:30 di questo pomeriggio è scoppiata la lite tra i tre amici, che si erano incontrati per passare del tempo insieme. In compagnia di altre persone, secondo alcune testimonianze, il gruppo ha iniziato a scherzare, quando il gioco è diventato uno scontro. Simone è stato colpito alla tempia e si è accasciato al pavimento privo di sensi. I vigilantes sono subito intervenuti, cercando di rianimare il ragazzo, ma per il giovane non c’è stato nulla da fare. Come ha dichiarato un’amica presente sul posto, “Eravamo in sala giochi e abbiamo sentito delle urla, siamo corsi fuori e abbiamo visto Simone a terra. Abbiamo provato subito a soccorrerlo e con dei fazzoletti gli tamponavo il sangue che usciva dal naso mentre un altro amico gli teneva la testa. Poi sono arrivati anche dei vigilantes a soccorrerlo e quasi subito è arrivata l’ambulanza che poi l’ha portato via“.
Il cuore di Simone non ha retto l’impatto e ha smesso di battere proprio durante il trasporto in ospedale. Gli agenti di polizia, intanto, hanno arrestato l’amico del ragazzo, responsabile del pugno che ha spento la vita del suo compagno. Fuori al pronto soccorso di Fiumicino si è subito radunata una copiosa folla sia di parenti che di amici, accorsi per capire le condizioni del ragazzo, nella speranza di una possibile ripresa. Gli amici del giovane erano sconvolti e disperati. Uno di loro, infatti, ha rivelato di essere ancora sconvolto e di non capire bene cosa fosse successo. Le urla della madre di Simone, la signora Michela, si sono sentite al di fuori della struttura ospedaliera in cui è stato condotto il povero ragazzo. Dal cortile, infatti, le persone presenti sul posto hanno potuto udire i pianti e le grida di disperazione della donna la quale, da un momento all’altro, si è ritrovata privata del figlio.
La donna, infatti, ripeteva: “Simone, Simone; non è possibile, non si fanno queste cose“. A dare aiuto e coraggio a Michela il marito Stefano, anch’egli affranto dal dolore e sotto shock per quanto accaduto a Simone. L’uomo è stato accompagnato dalla madre e figlia minore. Gli amici hanno iniziato a pronunciare il nome di Simone, quando la polizia mortuaria é uscita dal Pronto Soccorso con le spoglie del ragazzo.