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Libia festeggia la libertà, ma per la democrazia ci vuole ancora molto

Libia festeggia la libertà, ma per la democrazia ci vuole ancora molto

Adesso la Libia si trova a fare il passo decisivo, adesso, mentre i festeggiamenti inebriano ancora le strade devastate delle città, bisogna mostrare al mondo che la libertà non era solo la scusa per sgozzare i soldati di Gheddafi ed il dittatore, ma un vero processo per liberare il paese e farne una democrazia. 

L’appello del presidente del Consiglio nazionale transitorio libico Mustafà Abdel jalil durante la cerimoni in cui il paese si è proclamato finalmente libero dal dittatore Gheddafi è stato chiaro: basta violenza e basta odio, adesso bisogno ricostruire il paese!

Esorto tutti al perdono, alla tolleranza e alla riconciliazione. Le nostre anime devono liberarsi dall’odio e dall’invidia. E’ necessario per il successo della rivoluzione e del nostro futuro. Chiedo a tutti i libici di ricorrere allo stato di diritto e a nient’altro che alla legge e di non conquistare diritti con l’uso della forza. Stiamo cercando di organizzare una sicurezza e un esercito nazionale per proteggere i nostri confini e la nostra nazione.

Jalil ha poi pronunciato un augurio ai manifestanti in Yemen e Siria, che in questi giorni ancora subiscono pesantemente la repressione dei rispettivi dittatori e che come la Tunisia ed adesso la Libia vorrebbero solo vivere in un paese democratico.

La cerimonia è cominciata leggendo un passo del Corano e l’intonazione dell’inno nazionale. Molti sventolavano la nuova bandiera della Libia e decine di migliaia di persone erano riunite nella piazza “vittori” di Bengasi. Un ufficiale ha detto: “dichiariamo al mondo intero che abbiamo liberato il nostro amato Paese, con le sue città, i suoi villaggi, le nostre più alte montagne, i deserti e i cieli”.

Seif al-Islam è ancora vivo ed il presidente del Cnt ammonisce dall’abbandonarsi agli entusiasmi mentre questi ancora minaccia la libertà di tutti, ma ormai anche le Nazioni Unite credono sia irrilevante, pur essendo il secondogenito ed il successore designato dallo stesso gheddafi. Il 31 ottobre le forze Nato lasceranno definitivamente il paese.

Intanto il “Washington Post” ha denunciato che sarebbero più di 7000 i prigionieri della guerra civile infuriata negli ultimi mesi e che sarebbero tutti prigionieri in prigioni di fortuna, con condizioni igieniche terribili, senza contare che molti di loro sono stati torturati e seviziati nel corso della guerra. Il giornale americano invita il governo Libico a mostrare il cambiamento del paese partendo dall’umanità con cui tratterà i propri avversari.

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