La storia dell‘Europa, ed in particolare dell’Italia, ha visto sempre un flusso consistente di persone migrare in cerca di condizioni di vita migliori, a causa delle guerre o della povertà. Negli ultimi anni, quasi senza che ce ne accorgessimo, le cause alla base dell’immigrazione si sono moltiplicate. La popolazione dell’Africa ha superato il miliardo, all’alto tasso di natalita’ non corrisponde però un aumento delle risorse e questo crea un peggioramento continuo delle condizioni di vita. Di fronte all’ Africa c’è il continente europeo, di 500 milioni di abitanti, con basso tasso di natalità ed età media elevata, insomma una popolazione anziana e benestante. A queste condizioni strutturali si sono aggiunti recentemente una serie di conflitti, dall’ISIS all’instabilità in Libia, ai conflitti religiosi in Nigeria, che hanno creato condizioni difficili per la stessa sopravvivenza.
Considerato che il fenomeno dell’immigrazione non si puo’ fermare, bisogna chiedersi, anche alla luce delle recenti tragedie avvenute nel Mediterraneo, se le misure prese dall’Unione Europea sono quanto di meglio si poteva fare. Tali misure consistono in un finanziamento fino a 9 milioni mensili del controllo in mare delle frontiere, in pratica un ritorno alle condizioni della missione “Mare Nostrum” (che era finanziato solo dall’Italia, per la quale però era troppo onerosa) ed in un ipotesi ( per ora) di intervento in Libia per fermare all’origine gli scafisti. La missione Triton, attualmente in vigore, rimane nell’ ambiguita’ tra la missione di salvataggio e quella di blocco dei flussi di migranti.
Oggi il Parlamento europeo ha inoltre approvato a larghissima maggioranza una risoluzione che prevede quote nazionali per l’accoglienza dei profughi e più mezzi per Frontex, l’agenzia europea che coordina il pattugliamento delle frontiere, e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker ha dichiarato: “E’ stato un grave errore mettere fine a Mare Nostrum. Questo è costato delle vite umane“. Occorrerebbe poi forse rivedere il trattato di Dublino 3, in base al quale i richiedenti asilo devono essere gestiti dal paese di arrivo del migrante, cioe’ in pratica dall’Italia, per cui il peso maggiore finisce per ricadere sul nostro paese. Particolarmente difficile appare inoltre un intervento in Libia per distruggere i natanti, si tratta infatti di intervenire in un paese straniero, in questo momento incapace di un controllo delle proprie frontiere, con un’azione militare. Molte voci, soprattutto quella della Chiesa e delle organizzazioni umanitarie, si sono levate contro quest’ipotesi.
Osservano infatti che in questo modo si sottrae, a chi cerca di arrivare in Europa per salvarsi, l’unica possibilita’ di fuga. L’arrivo massiccio di migranti potrebbe però provocare problemi con le popolazioni locali, ed andrebbe in qualche modo condiviso con gli altri paesi europei, per ora molto restii ad un’accoglienza poco piu’ che simbolica. Eppure su un continente che avra’ come problema principale quello della scarsita’ di persone in eta’ lavorativa, l’arrivo di giovani puo’ rappresentare una risorsa. L’unico modo per affrontare il problema alla radice sarebbe intervenire direttamente per rimuovere le cause. Le Nazioni Unite, attraverso il loro inviato Bernardino Leon, hanno formulato un piano che prevede la creazione di un Consiglio Presidenziale Libico, con sede a Tripoli, che raccoglierebbe le varie parti in lotta, con i poteri anche militari, di un governo unificato. La stabilizzazione della Libia appare ora la pre-condizione per fermare gli imbarchi clandestini.