Nemmeno il prete recita messa, se in cambio non riceve moneta contante. E’ una prassi in vigore da secoli. A Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi, contrarre il matrimonio in chiesa ha un prezzo preciso: 200 euro. Di essi, 170 vanno al parroco, Milko Gigante; 30 sono per l’organista. Gli sposi, qualche giorno prima della data fatidica, firmano un vero e proprio contratto. Vi è scritto che sarà suonata solo musica liturgica, che sono da evitare flash molesti, coriandoli, fuochi d’artificio, coriandoli e quant’altro possa in qualche modo arrecare danno (materiale o spirituale) all’edificio. I futuri sposi, inoltre, si impegnano a pagare prima che la messa venga celebrata.
A Francavilla è polemica: sia perché la tariffa sembra alta, sia perché nel contratto non si parla di offerta, ma di compenso vero e proprio. L’offerta minima, fissata dalla Conferenza episcopale pugliese, era fino al 2006 di 103 euro (le vecchie 200mila lire). Va bene che l’inflazione è aumentata, ma in questi 5 anni i prezzi degli altri prodotti e servizi non sono mica raddoppiati! Intervistato da Repubblica, fra’ Milko dice che il suo unico errore è stato quello di parlare di “compenso” piuttosto che di “offerta”. Ma, chiarisce il chierico, si è trattato di uno sbaglio in “buona fede”. Quanto all’inflazione galoppante, il parroco non ha dubbi: “è una polemica stupida”.