La Corte costituzionale ha espresso il suo rifiuto ai tagli previsti dal decreto legge sulla Manovra economica 2011-2012 per i dipendenti pubblici. Parliamo di una riduzione degli stipendi superiori ai 90.000 euro lordi (-5% per la parte eccedente questo importo) e 150 mila euro ( in questo caso -10%). La Consulta ha dichiarato costituzionalmente illegittima anche la mancata erogazione di acconti, conguagli e indennità speciali per il personale della Magistratura.
La Corte, in riferimento al pubblico impiego, ha anche bocciato il contributo di solidarietà, introdotto nel 2011, per i dipendenti pubblici che guadagnano più di 90.000 euro. Il decreto 78 del 2010, per la Consulta, è illegittimo nella parte in cui riduce del 5%, fino al 31 dicembre 2013, la retribuzione dei singoli dipendenti compresa tra i 90.000 e 150.000 euro, e del 10% la parte eccedente i 150.000 euro. I difetti di costituzionalità erano sollevati dai Tar di 11 Regioni: Campania, Piemonte, Sicilia, Abruzzo, Veneto, Umbria, Sardegna, Liguria Calabria, Emilia Romagna e Lombardia.
La Corte Costituzionale ha anche stabilito l’illegittimità del decreto nella parte in cui dispone che ai magistrati non vengano erogati gli acconti 2011, 2012 e 2013 e il conguaglio del triennio 2010-2012 e nella parte in cui dispone tagli all’indennità speciale negli anni 2011 (15%), 2012 (25%) e 2013 (32%).
Come si legge nella sentenza, la Corte ha così motivato la sua bocciatura:
Nel caso di specie i ricordati limiti tracciati dalla giurisprudenza di questa Corte risultano irragionevolmente oltrepassati. La normativa non può considerarsi una riduzione delle retribuzioni, come sostiene l’Avvocatura dello Stato ma un’imposta speciale prevista nei confronti dei soli pubblici dipendenti. Pure considerando al giusto la discrezionalità legislativa in materia, la norma impugnata si pone in evidente contrasto con gli articoli 3 e 53 della Costituzione: l’introduzione di una imposta speciale, sia pure transitoria ed eccezionale, in relazione soltanto ai redditi di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione viola, infatti, il principio della parità di prelievo a parità di presupposto d’imposta economicamente rilevante.