Fra le questioni sul banco del G20 e dell’Unione Europea quella relativa alle banche in difficoltà non è stata certamente dimenticata o anche solo sottovalutata; infatti il Fondo Monetario Internazionale ha voluto precise garanzie da quegli istituti di credito di rilevanza globale, il cui crash manderebbe in tilt l’economia globale insomma, che dovranno adesso ricapitalizzarsi per far fronte ad eventuali perdite, che non dovranno ricadere sui contribuenti degli stati come invece è stato fatto fino ad adesso. A ribadirlo anche fuori dal G20 è Mario Draghi, direttore della Banca Centrale Europea, che ha spiegato come queste misure siano necessarie a tutelare le fasce più esposte agli sbalzi dell’economica: la gente comune.
Sono 17 gli istituti di credito europeo che fanno parte della lista delle trenta banche globali che dovranno reperire nei prossimi mesi un aumento di capitale variabile fra l’1 ed il 2,5% dell’utile attivo. L’elenco è stato redatto dal Financial Stability Board, che vi ha compreso tutte quelle banche definite G-Sifi (le Global Systemically important financial institution) il cui fallimento inquinerebbe tutto il meccanismo bancario.
La richiesta è stata fatta al G20, che a sorpresa ha visto fra gli istituti di credito interessati da questa manovra anche l’italiana Unicredit, che ultimamente ha molto risentito degli sbalzi in borsa. L’istituto di credito conta, nella sola Italia, oltre 4000 uffici ed è praticamente la maggiore banca impegnata con le aziende italiane. Un suo default sarebbe praticamente un default dell’Italia, che quindi rischierebbe di mettere ancora più in precarietà la sua situazione dovendo ricapitalizzarla.
Mario Draghi ha perciò plaudito a questa misura, che certamente riuscirà a mettere un po’ di ordine e salvaguardare le tasche dei cittadini e degli stati stessi. Questa è una delle varie misure preventive, ma con rapidi effetti suoi mercati azionari che il G20 di Cannes dei giorni scorsi ha varato e che, come la decisione dell’Italia di farsi monitorare dal Fondo Monetario Internazionale a scadenze trimestrali, si inserisce in un quadro in cui bisogna dare un freno alla speculazione e concretizzare nuovamente un pesante intervento degli stati nazionali nell’economia come non avveniva dai primordi del capitalismo industriale.