Silenzio sull’argomento. Così era stato deciso da National Science Advisory Board for Biosecurity, Nsabb, un organismo del Nih (Nationale Institues of health) statunitense, che in una raccomandazione alle due principali riviste scientifiche Science e Nature, aveva espressamente imposto di non divulgare dettagli relativi alla variante del virus dell’influenza aviaria, ovvero il potente supervirus che, secondo le ricerche, sarebbe, in termini di pericolosità, anche peggio dell’antrace, essendo potenzialmente capace di sterminare metà della popolazione mondiale.
Finalmente, però, potremo sapere qualcosa in più. Tutto ciò che riguardava la variante del ceppo influenzale H5N1 era stato secretato per paura che finisse in mani sbagliate, ma finalmente ora Science e Nature potranno pubblicare notizie sul supervirus senza alcuna censura. Il virus, secondo le parole degli studiosi, è per l’appunto di forte aggressività e sarebbe capace di infettare in maniera estremamente rapida un gran numero di persone. Il timore peggiore proveniva però dall’opinione pubblica spaventata dalla possibilità che esso non potesse essere nè controllato nè controllabile.
La storia è iniziata qualche tempo fa quando due team di scienziati guidati da Ron Fouchier, dell’Erasmus Medical Center di Rotterdam nei Paesi Bassi, e Yoshihiro Kawaoka, della University of Wisconsin negli Stati Uniti hanno sviluppato dei ceppi mutanti del virus, combinando così l’alta mortalità del virus H5N1 con la facilità di trasmissione del virus, molto simile a quella di una normale influenza stagionale. Tuttavia il virologo Ron Fouchier e il suo team hanno condotto studi ulteriori. “In laboratorio, è stato possibile cambiare il virus H5N1 in un virus trasmissibile che potrebbe dunque diffondersi facilmente attraverso l’aria. Questo processo può avvenire anche in un ambiente naturale” ha dichiarato il virologo.
Secondo Fabrizio Pregliasco, virologo all’Università di Milano, “è fondamentale per prevedere la reale gravità di una pandemia. L’aviaria era sì una “bestia” nuova, ma non apocalittica. Con un maggiore scambio di conoscenze la diffusione di informazioni sarebbe stata più precisa e meno allarmistica”.