Era volato più volte agli onori ed orrori della cronaca il banchiere che non voleva lasciare la Banca Centrale Europea, specialmente nel periodo immediatamente successivo alle dimissioni di Mario Draghi da governatore della Banca d’Italia, posto per cui avrebbe potuto sostituirlo se la proposta di Berlusconi non fosse stata così nettamente rifiutata dal Quirinale, che allora gli ricordò, in maniera molto indiretta, che forse non aveva i giusti requisiti per quell’incarico.
Lorenzo Bini Smaghi era fino ad oggi membro del Consiglio Direttivo e del Comitato Esecutivo della Bce, ha oggi dato finalmente deciso di rassegnare le dimissioni, come ha annunciato Mario Draghi, ora alla guida della Banca Centrale Europea. Le dimissioni verranno rassegnate prima della fine del proprio mandato previsto per il 31 maggio 2013 per una cattedra molto prestigiosa offertagli dall’Università di Harvard, che otterrà a partire dal primo gennaio del 2012.
Bini Smaghi ha svolto questi due incarichi presso la Banca Centrale Europea fin dal 2005. Draghi ci ha tenuto a ringraziare il banchiere per la sua collaborazione con l’istituto ed anche per il suo personale apporto alla collettività, ma anche per l’indipendenza e per l’autonomia dimostrate nell’esercizio delle sue prerogative.
Concluso questo capitolo la Bce può tornare ad occuparsi di problemi più impellenti ed il suo vertice spiega di “aver preso atto dell’annuncio del vice cancelliere tedesco Phillip Roesler e che al riguardo le decisioni verranno prese in conformità con le necessità e sicuramente nei migliori interessi dell’Unione Europea“.
La ramanzina fatta dal politico tedesco era rivolta in particolar modo al continuo acquisto di Bond da parte dell’Istituto di credito europeo a spese della Germania, il maggior contribuente dell’Unione Europea, che però a quanto pare non ha sortito molto effetto e si è meritato una risposta di circostanza. Risposta dovuta probabilmente anche ai nervosismi del mercato, che rischierebbe di traballare oltre quello che già fa in caso di annuncio da parte della Bce di ritirare il suo apporto agli stati dell’Unione in difficoltà.