Scioccanti verità quelle confermate dall’Aidaa, l’Associazione italiana difesa animali ed ambiente, secondo la quale: “Ogni anno in Italia sono almeno 6-7 mila i gatti allevati, cacciati o semplicemente uccisi a scopo alimentare, il 10% di tutti i gatti scomparsi ed abbandonati. E’ una realta’ quotidiana: i mici vengono cucinati prevalentemente in umido con la polenta o arrosto”.
Secondo i responsabili dell’associazione non si tratta di necessità dettate dalla fame o dall’estrema povertà, ma di:
una vera e propria abitudine culinaria, che seppure vietata per legge, e punita addirittura con la reclusione (uccidere un gatto e’ reato penale che rientra nell’articolo 544 del codice penale che riguarda il maltrattamento e l’uccisione degli animali di affezione) e’ ancora radicata in alcune zone specifiche dell’Italia del centro-nord ed in particolare in Veneto con epicentro nelle zone di Vicenza e Verona, ma anche nelle province che stanno ad est della Lombardia (Bergamo, Brescia e Mantova) e in alcune zone del Piemonte e dell’Emilia Romagna. Il dato degli ultimi dodici mesi non si discosta molto da quello degli anni precedenti. Certamente non mancano anche le segnalazioni ‘esotiche’ come quelle provenienti dalla zona del litorale romano dove e’ stata segnalata a piu’ riprese la scomparsa dei gatti dalle colonie, cosi come avviene (anche se in misura ridotta rispetto al passato) che si segnalino cacciatori in cerca di gatti da impallinare nelle zone classiche della cucina dei magnagatti.
Sempre a detta dell’Aidaa, ci sono poi delle segnalazioni in ordine alle quali “bisogna sempre andare con i piedi di piombo come quelle dei famosi furgoni bianchi e rossi che ogni tanto appaiono nelle zone più impensate d’Italia (l’anno scorso a Vigevano, Verbania, Milano, Roma, Isernia, Lecce e Messina) guidati da orientali che raccoglierebbero gatti da servire poi in pasti in ristoranti di seconda categoria”, oppure segnalazioni apparentemente assurde, ma che sono state poi appurate dopo accurate indagini, “come quella della signora in provincia di Milano che in diversi anni ha allevato a scopo di alimentazione oltre 600 gatti dandoli da mangiare ai suoi amici in succulenti pranzetti che garantiva essere a base di coniglio”.