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Norme antiriciclaggio: in un documento le condizioni dettate dal Vaticano all’Italia

Norme antiriciclaggio: in un documento le condizioni dettate dal Vaticano all’Italia

In un documento riservato intitolato “Memo sui rapporti IOR-AIF” annotato a penna da una mano che  potrebbe essere quella di monsignor Georg Ganswein, segretario di Benedetto XVI, è contenuto il rifiuto del Vaticano a dare informazioni allo Stato per le vicende antecedenti al primo aprile 2011, cioè da quando è entrato in vigore il nuovo organismo per la trasparenza finanziaria voluto da Papa Benedetto XVI. Al di là dell’autore, comunque, il documento dimostra che il Papa, il segretario di Stato Tarcisio Bertone, il presidente dello AIF, (autorità di controllo antiriciclaggio), Attilio Nicora e i vertici dello IOR sono tutti a conoscenza della linea sul fronte antiriciclaggio sintetizzandola nel fatto che non si deve collaborare con la giustizia italiana per tutto quello che è successo allo IOR fino ad aprile 2011. L’autore della nota si mostra favorevole ad un’apertura verso Bankitalia e le Procure e scorrendo le prime parole si può comprendere l’importanza della faccenda: “Dall’entrata in vigore della legge vaticana anti-riciclaggio, avvenuta il primo aprile 2011, si sono tenuti numerosi incontri tra lo IOR e l’AIF (Autorità creata dalla nuova legge del Vaticano), rivolti da una parte a dimostrare alla nuova Autorità le iniziative intraprese per l’adeguamento delle procedure interne alle misure introdotte dalla legge….”

Nella prima parte dunque il documento ripercorre la vicenda del mutamento della normativa antiriciclaggio, intervenuto per mezzo delle indagini volute dalla Procura di Roma. La procura aveva sequestrato 23 milioni di euro che stavano per essere trasferiti dal conto dello IOR presso il Credito Artigiano alla Jp Morgan di Francoforte e alla Banca del Fucino, indagando il presidente IOR, Ettore Gotti Tedeschi e il direttore Cipriani rei di non aver voluto fornire le generalità dei soggetti per conto dei quali eseguivano le operazioni. Le indagini della Guardia di Finanza hanno poi mostrato un quadro inquietante lo IOR mescolava sul suo conto al Credito Artigiano i 15 milioni di euro provenienti dalla CEI, provenienti dall’8 per mille dei contribuenti italiani, con fondi di soggetti diversi. Anzi, ulteriori indagini, hanno dimostrato che lo IOR funzionava come una fiduciaria e i suoi conti erano stati usati per schermare persino i proventi di una presunta truffa allo Stato italiano. A sbrogliare la matassa è intervenuto lo stesso Benedeto XVI che, con una Lettera Apostolica per la prevenzione e il contrasto delle attività illegali in campo finanziario il 30 dicembre 2010, ha istituito l’Autorità di informazione finanziaria (AIF), per il contrasto del riciclaggio.

La Procura di Roma motivo dunque così il consequenziale dissequestro dei 23 milioni nel maggio 2011: “L’AIF ha già iniziato una collaborazione con l’UIF fornendo informazioni adeguate su di un’operazione intercorsa tra IOR e istituti italiani e oggetto di attenzione”. Purtroppo lo Ior sembra avere cambiato atteggiamento ed anche la Procura mostra il suo disappunto per aver disposto il sequestro. Si scopre però ora che il repentino cambiamento sta proprio nelle scelte delle gerarchie della Santa Sede, come rivelato dallo stesso documento oggetto di contestazione: “L’AIF ha inoltrato allo IOR alcune richieste di informazioni relative a fondi aperti presso l’Istituto, cui quest’ultimo ha corrisposto, consentendo tra l’altro lo sblocco dei fondi sequestrati dalla Procura di Roma. Ultimamente, tuttavia la Direzione dell’Istituto ha ritenuto di riscontrare le richieste dell’AIF – relative ad operazioni sospette o per le quali sono in corso procedimenti giudiziari – fornendo informazioni soltanto su operazioni effettuate dal primo aprile 2011 in avanti. Nel corso dell’ultimo incontro tra IOR e AlF del 19 ottobre u. s. tale posizione è stata sostenuta dall’Avv. Michele Briamonte (dello studio Grande Stevens, ndr), sulla base di un generale principio di irretroattività della legge, per il quale le misure introdotte dalla legge antiriciclaggio non possono valere che per l’avvenire”.

 

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