Quelli che sembravano indispensabili tagli e risparmi, probabilmente, non sono e saranno tali. Parliamo, nel caso specifico, di 50 dirigenti della Presidenza del Consiglio che erano decaduti lo scorso novembre, proprio per dar manforte ai necessari tagli anti-crisi e che, invece, starebbero rientrando nel pieno possesso delle loro mansioni, e dei propri stipendi, senza dare troppo nell’occhio. Alla Pubblica Amministrazione non costano certo poco, con cifre che si aggirano tra i 150 e i 250mila euro l’anno. Era stato annunciato, non senza clamore, un risparmio di circa 14 milioni di euro, per via di un decreto legge entrato in vigore a metà agosto e che prevede l’utilizzazione di risorse interne per ridurre i costi.
Così pare che quello che dovesse essere un effettivo licenziamento, si sia trasformato in una sospensione di appena due mesi. Sembra, infatti, che alcuni dei 50 interessati non abbiano nemmeno consegnato il tesserino di accesso o salutato amici e colleghi, in quanto certi di ritornare presto al proprio posto. Qualche sospetto, nei giorni scorsi, aveva destato sospetto la pubblicazione sulla rete interna della presidenza del Consiglio dei posti vacanti, con una particolareggiata descrizione dei profili dei dirigenti richiesti. Spesso apparivano così ad personam da scoraggiare le domande degli altri. Come ha spiegato Alfredo Macrì, presidente del sindacato indipendente della presidenza del Consiglio:
Quasi una fotografia dei dirigenti decaduti sono usciti dalla porta e rientrati dalla finestra, senza che nessuno degli interni potesse sperare di competere. Il fatto è che se non si tagliano gli uffici risultano lo stesso posti vuoti, che in realtà sono assolutamente inutili, perché le stesse mansioni potrebbero tranquillamente essere assegnate a personale interno. Basta pensare che abbiamo un dirigente ogni 6 persone. Lavorano a Palazzo Chigi e nelle 20 sedi distaccate in 4.000, compresi 700 militari e abbiamo circa 450 dirigenti di prima e seconda fascia: solo 250 sono di ruolo e tutti gli altri esterni o comandati da altre amministrazioni.
In una lettera aperta, Macrì ha denunciato quello che stava accadendo a Mario Monti, senza però ricevere alcuna risposta. Il tutto mentre l’operazione di reintegro va avanti nel silenzio di tutti, a quanto sembra.