Il gup Marina Tommolini, nelle 60 pagine di motivazioni che spiegano la condanna all’ergastolo per il caporalmaggiore Salvatore Parolisi, ha fornito una nuova chiave di lettura del rapporto tra Melania Rea e il marito, in quella che è stata una vicenda giudiziaria che ha tenuto con il fiato sospeso tutta l’Italia. Melania viene descritta come una figura dominante. E la causa dell’omicidio starebbe nella negazione di un rapporto sessuale con delle parole umilianti che avrebbero scatenato il raptus omicida di Parolisi.
Come riportato da Il Tempo, Parolisi non sarebbe più descritto come uno sciupafemmine che faceva con arroganza tutto ciò che voleva, ma un soggetto profondamente frustrato. Per il gup Tommolini il rapporto tra i due era impari, con Melania che era la figura dominante della coppia. Il giudice ha riscritto le contestazioni avanzate dall’accusa parlando di “una dinamica ben diversa da quella ipotizzata”. L’omicidio di Melania, dunque, non sarebbe collegato ai segreti della caserma o ai tradimenti di Salvatore, ma piuttosto ad un impeto.
Sembra sia stata Melania a chiedere al marito di lasciare “Colle S. Marco e di andare al chiosco della pineta, curiosa di conoscere i luoghi ove si addestrava il marito ed in cui era già stata, dovendo però desistere per la neve”, scrive la Tommolini. Melania si è così spostata dietro il chiosco per fare pipì. Scrive ancora il giudice che: “Il marito, vedendola seminuda, verosimilmente si è eccitato, avvicinandola e baciandola per avere un rapporto sessuale”. Melania avrebbe rifiutato il rapporto rimproverando il marito con delle parole dure ed umilianti. Da qui, si legge, “Parolisi ha reagito all’ennesima umiliazione, sferrando i primi colpi”.
L’aggravante che ha spinto poi il giudice a condannare Parolisi all’ergastolo è stata la mancanza di pentimento da parte dell’uomo, che ha addirittura cercato di depistare le indagini. Ora toccherà alla difesa elaborare una nuova strategia per il da farsi in vista del ricorso in appello.