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Manovra: “Super pensione” per ministri e sottosegretari

Manovra: “Super pensione” per ministri e sottosegretari

Forse questa manovra doveva davvero avere una duplice denominazione. “Lacrime e sangue” per il popolo italiano, “salva-Italia” per ministri e sottosegretari. Sembrano, infatti, sempre meno credibili le lacrime della Fornero o la rinuncia allo stipendio da Primo Ministro di Monti.  La manovra, infatti, non intacca di un euro i loro privilegi da altissimi funzionari, anzi.

I  tecnoministri potranno scegliere, come è avvenuto fino ad adesso in base a una legge del governo D’Alema del ’99, se guadagnare a fine mese l’indennità da ministro (3.746 euro lordi) più quella del parlamentare (10.697 lordi), oppure, se dipendenti pubblici in aspettativa, quella da ministro più uno stipendio pari a quello che avevano prima, purché non superi l’indennità parlamentare. In altre parole lo stipendio di prima rimane intatto, a patto che non superi l’indennità dei parlamentari (5.246,97),  e  nessuno dei ministri fino ad ora si è messo in aspettativa.

Ma andiamo con ordine. I “supercontributi” per le pensioni dei ministri vogliono dire  anche nuovi costi per lo Stato. La nuova disposizione, che poi tanto nuova non è, è una “interpretazione” di una legge, la 146 del 1980, articolo 47. È una  “norma interpretativa” contenuta nel decreto salva-Italia,   nascosta in un comma piuttosto oscuro. Infatti dopo un lungo elenco di tagli negli enti pubblici, al punto 6 dell’articolo 23 compare questo cavillo legale: “i dipendenti della pubblica amministrazione chiamati a rivestire il ruolo di ministro o di sottosegretario entreranno in aspettativa per il periodo del mandato, ma continueranno a percepire la loro retribuzione invariata, a patto che non superi l’indennità parlamentare”. Potranno scegliere, quindi, se  avere l’indennità da ministro  più quella parlamentare, oppur avere l’indennità da ministro più uno stipendio uguale a quello che ricevevano prima, a patto che siano dipendenti nelle P.A. in aspettativa, e la loro retribuzione  non superi l’indennità dovuta ai parlamentari.

Quindi, cercando di interpretare il sempre intricato “burocratese”, per ministri e sottosegretari del governo Monti,  i contributi per la pensione rispetteranno non il limite parlamentare, ma quello dell’ultima busta paga percepita.

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