Continuano gli scontri tra gruppi armati in Libia, che hanno causato nelle ultime due settimane 97 morti e 400 feriti solo nella capitale Tripoli, dove si rischia la catastrofe per via degli incendi a catena di depositi di carburante colpiti da un razzo. Le fiamme si sono poi estese ad un secondo serbatoio, e un portavoce della National Oil Company (Noc), la compagnia petrolifera libica, ha riferito che l’incendio è “ormai fuori controllo“, e i vigili del fuoco hanno “lasciato definitivamente la zona a causa dei combattimenti“. Il governo libico ha chiesto l’aiuto degli organismi internazionali per spegnere l’incendio, e ha avvertito che si rischia una “catastrofe umanitaria e ambientale dalle conseguenze difficili da prevedere”. I depositi si trovano vicino all’aeroporto, a dieci chilometri dal centro di Tripoli, e le autorità hanno chiesto l’evacuazione di tutti gli abitanti nel raggio di cinque chilometri dall’incendio, quindi anche di diversi quartieri della città.
Stanno bruciando in tutto oltre sei milioni di litri di carburante, e ora vi è anche il rischio che le fiamme si propaghino ad un maxi-gazometro dove sono stoccati 90 milioni di litri di gas liquido. Intanto i diplomatici occidentali continuano ad abbandonare il paese: dopo gli americani, che hanno lasciato Tripoli sabato, lunedì sono stati i diplomatici tedeschi ed austriaci a ricevere l’indicazione di partire. L’unico fra gli occidentali a rimanere è l’ambasciatore italiano Giuseppe Buccino. Ieri un centinaio di italiani hanno lasciato la Libia, mentre sia la Germania che la Gran Bretagna hanno invitato i loro concittadini ad andarsene, ed anche tremila tra medici ed infermieri filippini hanno abbandonato il paese, causando la reazione del ministero della Salute, preoccupato per la scarsità di personale sanitario.
Intanto il ministro degli Esteri italiano Federica Mogherini ha chiesto di “ricondurre gli sforzi internazionali in Libia ad un coordinamento Onu per fermare le violenze”, mentre il premier Matteo Renzi, in una lettera rivolta ai senatori della maggioranza, ha spiegato che la Libia “per noi italiani è il problema più prossimo” fra i tanti focolai internazionali di crisi. In serata, Renzi ha poi scritto su Twitter: “I gufi, le riforme, i conti non mi preoccupano. La Libia invece si. Ma sembra impossibile parlare seriamente di politica estera #piccinerie”. Il presidente statunitense Barack Obama ha convocato ieri una conference call sui principali fronti di guerra- Ucraina, Medio Oriente e Libia- alla quale ha partecipato anche il premier italiano, oltre alla cancelliera tedesca Angela Merkel, al presidente francese Francois Hollande e a quello inglese David Cameron.
I cinque leader hanno concordato sulla necessità di un cessate il fuoco immediato fra le milizie a Tripoli e condannato ogni uso della violenza. Renzi ha poi avuto un colloquio con il segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon, al quale ha chiesto di “svolgere un ruolo attivo per favorire la cessazione delle ostilità e l’avvio di un dialogo politico tra le diverse parti“. Sembra difficile, comunque, che il nuovo Parlamento libico uscito dalle elezioni del 25 giugno, che dovrebbe insediarsi il 4 agosto, riesca a fermare la violenza, anche perchè la nuova sede è a Bengasi, dove solo domenica sono morte 38 persone negli scontri tra forze speciali libiche e gruppi armati islamici.