I presidenti di Camera e Senato Laura Boldrini e Pietro Grasso hanno avuto ieri un incontro di circa cinquanta minuti a Montecitorio, e hanno deciso che la riforma della legge elettorale passerà dal Senato alla Camera, mentre a Palazzo Madama si discuterà della riforma costituzionale del bicameralismo. Nella nota diffusa da Boldrini e Grasso al termine dell’incontro, si sottolinea che il percorso ora definito “richiede evidentemente una conseguente e chiara assunzione di responsabilità da parte dei gruppi politici di entrambi i rami del Parlamento”. In favore del passaggio del ddl alla Camera si è schierata una maggioranza trasversale composta da Pd, Sel e Movimento 5 Stelle, mentre tutto il centrodestra, quindi non solo Forza Italia e Lega, ma anche Nuovo Centrodestra e Scelta Civica, si era detto contrario e preferiva invece che si continuasse al Senato.
Non è stato facile neanche arrivare a questo risultato: ci sono volute infatti settimane prima che la richiesta fosse avanzata dai capigruppo della Camera e poi esaminata dai loro colleghi del Senato, che inizialmente hann0 fatto resistenza, portando di fatto ad uno scontro istituzionale tra le Camere, finchè ieri mattina, grazie anche alla pressione del neosegretario Renzi sul Pd, la Commissione affari costituzionali di Palazzo Madama ha deciso di interrompere il lavoro sulla legge elettorale, ma con una maggioranza diversa da quella che sostiene il governo. Renzi aveva fatto capire ad Alfano che voleva accelerare i lavori sulla riforma elettorale, e lo aveva avvertito: “Non mi lascerò rallentare, ho una mia exit strategy, un canale aperto anche con Berlusconi e Grillo”.
Il sindaco ha ribadito che vuole “un maggioritario che dice chi vince e governa” sul modello della legge elettorale dei sindaci. Ma il ministro per le Riforme Gaetano Quagliarello, anch’egli di Nuovo Centrodestra, ha minacciato: “Nei prossimi dieci, quindici giorni, ossia al massimo per la Befana, la maggioranza o trova un’accordo sulla legge elettorale o va in crisi e allora ognuno si prenderà le sue responsabilità”. Per Quagliarello, infatti, “la riforma si può fare solo se diventa parte di un accordo di governo: nessuno può fare le riforme prescindendo dal governo”.
Anche i centristi sono rimasti contrariati: Pierferdinando Casini ha parlato di “scippo” della legge elettorale al Senato e dell’inizio di “una fase di prepotenza che non promette nulla di buono”, mentre Gianluca Susta di Scelta Civica ha avvertito: basta “maggioranze variabili”.Da Forza Italia, invece, Maurizio Gasparri ha ironizzato sugli “alfaniani”: “Ancora non ha svolto la sua prima assemblea e Ncd è stato già sciolto per irrilevanza con l’editto di Renzi”. Il ministro per i rapporti con il Parlamento Dario Franceschini ha cercato invece di smorzare le polemiche spiegando che, malgrado le diverse opinioni tra le forze di maggioranza sull’iter della riforma elettorale, “sulle regole si parte ovviamente da un’intesa dei partiti di maggioranza, per poi doverosamente cercare un’accordo più ampio in Parlamento”.