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Istat: disoccupazione giovanile a livelli mai visti prima

Istat: disoccupazione giovanile a livelli mai visti prima

La disoccupazione è uno dei problemi che più preoccupa in questi periodi di crisi, in quanto con i rincari, l’impossibilità di accumulare qualche risparmio per superare momenti di magra e la difficoltà a trovare un nuovo lavoro la sostenibilità della vita diventa davvero bassa. In Italia è sempre stato molto preoccupante il dato riguardante la disoccupazione giovanile (cioè fra i 15 ed i 24 anni), che è salita fino al 30,1%, cioè un aumento dello 0,9% dai dati registrati in ottobre, mentre l’aumento sarebbe addirittura dell’1,8% rispetto all’inizio dell’anno scorso.

Secondo l’Istat, l’Istituto Nazionale di Statistica, non si registrava un dato tanto catastrofico dal gennaio 2004, I dati raccolti dall’istituto di statistica sono destagionalizzati e quindi anche provvisori, ma evidenziano con un buon margine di chiarezza una situazione molto preoccupante.

Il tasso di disoccupazione in generale è arrivato all’8,6%, in aumento dello 0,1%, mentre dello 0,4% su base annua. Inoltre continua a crescere anche l’incidenza della disoccupazione per periodi di tempo molto lunghi (ossia di almeno 12 mesi), raggiungendo nel terzo trimestre del 2011 una percentuale del 52,6%, rispetto allo stesso trimestre del 2010, in cui si attestava sul 50,1%.

Secondo l’Istat, che ha paragonato questi dati con tutti quelli in proprio possesso negli ultimi trent’anni tramite il metodo del confronto tendenziale, un simile livello non era mai stato raggiunto fin dal terzo trimestre del 1993, ossia un periodo di gravissima crisi economica simile a quella che stiamo vivendo oggi.

Il problema maggiore, che emerge da questi dati, non è tanto la stabilità del lavoro, che contro ogni ammortizzatore sociale continua a diventare precaria, ma una difficoltà sempre più evidente nel reinserimento delle risorse umane. All’interno del mercato italiano infatti l’ostacolo maggiore non è la mancanza di posti di lavoro, ma l’incapacità di riuscire a collocare adeguatamente le risorse umane la dove servono.

Esistono infatti settori con una concorrenza enorme, in cui è praticamente impossibile inserirsi, mentre ne esistono altri che al contrario non hanno le figure professionali necessarie. Un problema che quindi si ricollega alle necessità di nuove riforme sui contratti di stage ed apprendistato, con cui le aziende stesse potrebbero formare tale personale, aumentando contemporaneamente l’occupazione.

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