Sono a mollo da ormai oltre 12 giorni, cinquanta contadini indiani, e più precisamente residenti in una regione dell’India centro occidentale, in un villaggio del Madhya Pradesh.
Sono a mollo in una pozza di acqua e fango per protestare a gran voce, e con slogan, contro una nuova diga che è stata costruita e che sta minacciando sia la sopravvivenza del loro villaggio che, naturalmente, dei loro campi.
La diga che causa problemi è quella di di Omkareshwar e di Indira Sagar, due opere che appartengono al grandioso progetto idrico della valle del fiume di Narmada, un progetto che però viene criticato e contestato da ormai oltre un decennio da ambientalisti e da coloro che difendono i diritti umani, e sostenuto con forza anche dalla pacifista Arundhati Roy.
Ma cosa è accaduto precisamente? Lo scorso 25 agosto le autorità hanno predisposto l’innalzamento del livello dell’acqua di 2 metri, provocando così la scomparsa di 200 villaggi, coinvolgendo circa 2500 abitanti di quelle zone. I contadini hanno così deciso di dare voce alla propria indignazione, immergendosi nell’acqua melmosa per giorni, di fronte a un cronista -anch’esso a mollo – e ripresi dalle telecamere della tv IBN.
Secondo gli ambientalisti, la decisione presa dalle autorità viola in maniera evidente una recente sentenza della Corte Suprema che obbligava il governo locale a elargire un risarcimento economico e a riabilitare, senza lasciarli senza casa né senza lavoro, i contadini delle zone rurali interessate dal progetto. E avrebbe dovuto farlo ben sei mesi prima di completare i lavori della centrale idroelettrica.
Decisione che, appunto, non è stata rispettata, e così nemmeno le misure che avrebbero dovuto garantire la sopravvivenza degli abitanti dei villaggi coinvolti, che ora sono appunto sul piede di guerra, con coraggio, immersi con l’acqua fino al collo.