E’ morto per la febbre emorragica provocata dal virus Ebola Sheik Umar Khan, il medico che dirigeva il centro clinico per le cure contro la malattia a Kenema, in Sierra Leone. Khan si trovava ricoverato in un centro di Medici Senza Frontiere dove lottava tra la vita e la morte dopo essere stato contagiato la scorsa settimana. Il medico era stato nominato “eroe nazionale” dal ministro della Sanità, per “aver speso per mesi oltre 12 0re al giorno nel tentativo di salvare vite umane”. Un altro medico, Kent Brantly, 33 anni, americano, direttore medico nel centro di gestione per l‘Ebola dell’ospedale Elwa di Monrovia, in Liberia, si trova ora a lottare tra la vita e la morte, ed è in isolamento in un centro non lontano dall’ospedale dove da ottobre lui stesso ha tentato di curare i pazienti afflitti da Ebola.
E’ stata contagiata da Ebola anche l’infermiera Nancy Writebol, addetta a decontaminare coloro che entravano o uscivano dal reparto dello stesso ospedale Elwa. Il ministro degli Esteri britannico Philip Hammond ha detto alla BBC che il virus dell’Ebola “è una minaccia per il Regno Unito”, e ha annunciato che il governo, nelle prossime ore, terrà una riunione d’emergenza “Cobra” sulla diffusione del virus. Un’agenzia del ministero della Salute inglese, Public Health England, ha diramato un‘allerta nazionale per tutti i medici, chiedendo di prestare particolare attenzione a chi presenti i sintomi tipici della malattia, come febbre crescente, nausea e vomito, dopo aver viaggiato in Africa Occidentale.
Il direttore delle operazioni di Medici Senza Frontiere, Bart Janssens, ha dichiarato in un’intervista: “Questa epidemia è senza precedenti, assolutamente fuori controllo, e la situazione non fa che peggiorare“, ed ha avvertito: “Se la situazione non migliora abbastanza rapidamente, c’è il rischio reale di vedere nuovi paesi colpiti”. Il bilancio totale delle vittime dell‘epidemia di Ebola, scoppiata all’inizio dell’anno in Guinea e poi diffusasi in Liberia e Sierra Leone, è di almeno 1201 casi accertati e 672 decessi. In Liberia, dove il virus ha finora colpito 249 persone uccidendone 129, per limitarne la diffusione sono state sospese tutte le partite di calcio, sono stati chiusi quasi tutti i punti d’ingresso nel paese ed è stata aumentata la sorveglianza in quelli rimasti aperti, come i principali aeroporti.
Anche in Sierra Leone, dove l’epidemia ha raggiunto la capitale, sono state rafforzate le misure di prevenzione, e nelle chiese, durante le messe, non ci si stringe più la mano per il “segno di pace”, ma si fa semplicemente un inchino con la mano desta sul cuore. Negli Stati Uniti, il presidente Barack Obama si tiene “costantemente informato” sull’epidemia di Ebola, e i Center for Disease Control hanno alzato lo stato di allerta al livello 2 su una scala di 5. Quanto al nostro paese, il presidente della Società italiana di Malattie Infettive e Tropicali (Simit) Massimo Andreoni ha dichiarato: “Anche per l’Italia l’ipotesi che arrivi un caso di Ebola è remota. Da noi comunque ci sono già dei piani predisposti per casi di emergenza, siamo preparati ad ogni evenienza”.