Nonostante le ultime notizie relative alla crisi fra Cina, Giappone e Taiwan dovuta al controllo delle isole Diaoyu/Senkaku non siano confortanti, a livello diplomatico pare si stia aprendo uno spiraglio di speranza per la composizione pacifica della controversia. Il Governo Noda ha avviato un tentativo di dialogo con il Governo cinese, infatti lunedì, nel corso della conferenza stampa di routine, il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Hong Lei, ha dichiarato che, dietro esplicita richiesta da parte del Giappone, la Cina ha approvato la visita del vice ministro degli Esteri giapponese, Chikao Kawai.
In quest’occasione verranno effettuate le consultazioni con Zhang Zhijun, il vice ministro degli Esteri cinese, sulle relazioni bilaterali recenti e in particolar modo sulla diatriba per le isole Diaoyu/Senkaku.
Intanto però la situazione è estremamente delicata: i colossi dell’industria nipponica Honda, Nissan, Mazda, Toyota, Panasonic e Canon hanno già abbandonato la Cina e altre aziende minacciano di seguirne l’esempio, mentre su tutto il territorio cinese un gran numero di locali pubblici e privati ha affisso all’entrata un cartello che vieta l’ingresso a cani e giapponesi.
Lo stesso portavoce del ministro degli Esteri cinese ha precisato durante la suddetta conferenza stampa che il suo Paese intende chiedere al Giappone di riconoscere i propri errori.
A causa della forte tensione di questi giorni inoltre, il Governo cinese ha annunciato il rinvio della cerimonia per la celebrazione dei 40 anni delle relazioni diplomatiche col Giappone, che era stata fissata per il 27 settembre.
La crisi fra le due superpotenze sta generando gravi ripercussioni non tanto sull’economia interna dei due Paesi rivali, quanto su tutti i mercati orientali, che stanno risentendo dell’andamento altalenante delle Borse asiatiche. Questo potrebbe incentivare la ripresa dei rapporti diplomatici fra Cina e Giappone, ammesso che i due Governi intendano davvero raggiungere un compromesso per la questione delle isole contese, originata da forti interessi economici e soprattutto strategici.