“Ergastolo senza attenuanti perché colpevole di aver ucciso la moglie Melania Rea con 32 coltellate”. È questa la richiesta formulata dai pm Greta Aloisi e Davide Rosati nell’ambito del processo che si sta svolgendo a Teramo nei confronti di Salvatore Parolisi accusato dell’efferato omicidio compiuto il quel pomeriggio del 18 aprile 2011 nel bosco di Ripe di Civitella. E sempre il caporalmaggiore dell’esercito sarebbe l’autore del depistaggio sul corpo della moglie. Ha fatto tutto da solo, era lui infatti l’unico interessato a depistare, hanno sottolineato i pm.
Movente del terribile gesto quel rapporto clandestino con Ludovica Perrone che lo aveva stretto in un imbuto da cui non riusciva a uscire: da un lato Melania, che gli ricordava sempre i suoi doveri di marito e di padre, dall’altro Ludovica, che riusciva a soddisfare pienamente il suo ego. E poi quei mille indizi non discordanti che si sommano alle mille bugie raccontate dal soldato sin dal giorno del ritrovamento della povera moglie. I testimoni, che affermano di non avere mai visto il caporalmaggiore a colle San Marco dove ha sempre dichiarato di trovarsi quando Melania è scomparsa, mentre la giovane mamma moriva nelle stesse ore a qualche chilometro da lì. Indizi che si incastrano con le prove scientifiche e i tabulati che la Procura ritiene importanti nel fissare quell’aggressione fatale tra le 14.30 e le 15.
Convinto della colpevolezza del soldato di Fratta Maggiore è anche l’avvocato della famiglia Rea, Mauro Gionni: “Salvatore Parolisi mente su quello che è successo, sui luoghi in cui sono stati, su cosa hanno fatto quel 18 aprile, sia nella denuncia di scomparsa sia in tutte le dichiarazioni che renderà poi ai parenti, agli amici, alle televisioni, oltreché ai Carabinieri, ogni volta che verrà sentito”. L’avvocato ha anche ricordato il comportamento di Parolisi nei due giorni tra la scomparsa e il ritrovamento del cadavere: “Non esiste ragione alcuna – ha detto – per cui un marito non si preoccupi minimamente di cercare la moglie scomparsa mentre tutti gli altri lo stanno facendo”. Lui che in quel giorno della scomparsa l’ha chiamata solo una volta al cellulare e non ripetutamente come aveva sempre detto. Una sola chiamata alle 15,26 nei tabulati. Parolisi ha solo “paura di esser cacciato dall’esercito,– prosegue Gionni –aveva paura che Melania raccontasse della relazione con Ludovica, la sua allieva e magari poteva anche aver scoperto delle sue curiosità sessuali sui trans”, riferendosi alle tracce sul pc di scambi di chat.
L’avvocato Gionni ha inoltre formulato la richiesta di risarcimento per i familiari di Melania: 2,5 milioni di euro per la piccola Vittoria, la figlia di Melania e Salvatore, 1,6 milioni di euro per i genitori della vittima, Gennaro Rea e Vittoria Garofalo, 250mila euro per il fratello Michele Rea, 100mila per altri familiari. “Ma tutti destinerebbero ogni somma alla bambina”, ha spiegato, uscendo dall’aula l’avvocato. A sorpresa gli avvocati di Parolisi, Nicodemo Gentile e Valter Biscotti hanno chiesto, e ottenuto dal gup Marina Tommolini, di anticipare la loro requisitoria. L’avvocato Gentile ha duramente criticato le indagini, puntando il dito contro la perizia dell’anatomopatologo Adriano Tagliabracci, “non è una perizia” e citando anche casi nazionali in cui le perizie hanno trasformato sentenze anche dopo un grado di giudizio. Inoltre la difesa ha lamentato di aver chiesto l’incidente probatorio ma che questo non è stato fatto.
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