La procura di Napoli ha chiesto al gip una proroga delle indagini a carico di Silvio Berlusconi per finanziamento illecito dei partiti. E’ quanto emerso dagli atti depositati ieri dal pm Henry John Woodcock al processo, che si sta svolgendo davanti alla prima sezione del Tribunale, per la presunta compravendita di senatori, che vede l’ex premier imputato di corruzione assieme all’ex direttore dell'”Avanti” Valter Lavitola. Fra i documenti depositati vi è infatti la notifica di una richiesta di proroga delle indagini preliminari nei confronti di Berlusconi per i finanziamenti erogati negli scorsi anni al Movimento Italiani nel Mondo, facente capo all’ex senatore Sergio De Gregorio.
Riguardo alla presunta compravendita dei senatori, l’ex premier era già stato indagato sia per corruzione, per la quale ora si trova sotto processo insieme a Lavitola mentre De Gregorio ha patteggiato, sia per finanziamento illecito, ma in seguito le ipotesi di reato erano state distinte in due diversi procedimenti, uno dei quali , quello relativo ai fondi a favore di De Gregorio, sarebbe ancora in fase di indagini preliminari. Intanto, per esaminare la documentazione depositata dalla procura, è slittata la testimonianza del capitano della Guardia di Finanza Sebastiano Di Giovanni.
Il Tribunale ha infatti rinviato il processo al 7 maggio per permettere agli avvocati di esaminare gli atti in vista dell’interrogatorio del testimone, come chiesto dai legali dell’ex premier Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, da Maurizio Paniz e Antonio Cirillo, difensori di Lavitola, e da Bruno Larosa, legale di Forza Italia in qualità di responsabile civile. Ieri, inoltre, la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha respinto la seconda, nuova richiesta avanzata dall’avvocato Ana Palacio in rappresentanza di alcuni parlamentari di Forza Italia e di alcuni cittadini italiani per far sospendere subito le pene accessorie che impediscono a Berlusconi di candidarsi alle elezioni europee.
Da Strasburgo hanno precisato che la richiesta presentata da Palacio è stata esaminata da un giudice, come chiesto dai ricorrenti dopo che la prima istanza era stata valutata e bocciata da un cancelliere della stessa Corte, ma anche stavolta il ricorso è stato respinto, perchè per esso non varrebbe la cosiddetta regola 39, in base alla quale la Corte può imporre ad uno Stato membro del Consiglio d’Europa di mettere in atto misure immediate per rimediare o evitare una violazione di alcuni diritti stabiliti dalla Convenzione Europea dei diritti umani. Fonti della Corte hanno però spiegato che la regola 39 si applica solo qualora sia a rischio la vita o l’incolumità fisica del ricorrente.