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Berlusconi, approvato il rendiconto con 8 traditori

Berlusconi, approvato il rendiconto con 8 traditori

Adesso Silvio Berlusconi si sta recando al Quirinale dopo aver lasciato Palazzo Chigi per un colloquio con il capo dello Stato Giorgio Napolitano, onde informarlo sull’esito del voto di oggi alla camera. Il rendiconto dello stato, che sembrava pronto ad innescare una crisi di governo a causa delle molte defezioni nel Pdl degli ultimi giorni, è stato approvato con 308 si (otto voti al di sotto del 50% +1 della soglia della maggioranza assoluta, con 321 astenuti. Se sotto un profilo tecnico è un via libera per Berlusconi, sotto quello politico si potrebbe essere facilmente interpretato come una sconfitta.

Gli otto voti mancanti sono attribuiti dal premier ad otto “traditori“, che aveva sfidato, alla vigilia del voto, a dire pubblicamente all’Italia cosa stavano facendo, ribadendo che chiunque votasse contro la maggioranza in questo momento così difficile votava contro l’Italia.

Alla fine della seduta Berlusconi è rimasto seduto al suo posto a controllare i tabulati del voto di qualche minuto prima, evidentemente per poter guardare in “faccia” questi traditori. Dopo ha parlato con alcuni deputati del Pdl e poi avrebbe detto: “è chiaro ed evidente che c’è un problema di numeri, ora serve subito una riflessione per decidere sul da farsi.” Prima di andare al Quirinale ha quindi deviato per Palazzo Chigi, dove c’è stato un vertice urgente della maggioranza per decidere che linea adottare quindi cosa comunicare al Colle. L’ipotesi più accreditata è che Berlusconi verifichi una maggioranza solida sulle misure anti crisi e chieda la fiducia in Parlamento, possibilmente prima al Senato, dove i numeri sembrano più incerti.

Alla riunione a Palazzo Chigi ha partecipato che il leader della Lega Nord Umberto Bossi, che rientrando da montecitorio ha detto ai cronisti: “aspettiamo qualche minuto, al Quirinale decide cosa fare anche in base alle reazioni del Presidente della Repubblica“. Prima del voto Bossi lo aveva invitato a fare un passo indietro, lasciandogli però la libertà di scegliere sicuro dell’appoggio della Lega fino a che la maggioranza avesse retto.

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