L’incidente di sabato scorso, quando un giovane surfista di 20 anni è stato attaccato da uno squalo bianco in Australia, ha riacceso il dibattito su questa specie a rischio di estinzione. Il dilemma del governo australiano è quello di decidere se proteggere l’industria turistica ed i bagnanti, o se pensare alla sopravvivenza di un animale che vive e caccia nel suo habitat naturale.
Il ministro della Pesca, Roger Moore, ha chiuso l’accesso al litorale per via delle ricerche e ha deciso di fare un censimento degli squali presenti nelle acque australiane, per valutare la possibile revoca del divieto di ucciderli. Poca fortuna, insomma, per questi animali che hanno subito un rapido declino, negli ultimi anni, specialmente per la perdita del loro habitat, per la pesca e per il mercato illegale delle pinne.
Proprio un recente studio – effettuato su larga scala – ha quantificato il decremento della popolazione di squali nell’Oceano Pacifico. I risultati della ricerca – a dir poco, preoccupanti – sono stati pubblicati sulla rivista Conservation Biology, prendendo in esame un campione di 46 isole degli Stati Uniti e di atolli nel Pacifico. L’impatto dell’uomo è stato devastante e, in certe zone, si parla di un calo della popolazione di squali del 90 per cento.
“Abbiamo uomini che pattugliano le coste fin dall’alba di stamani, ma non abbiamo più segni dello squalo“, ha dichiarato sabato scorso Tony Cappelluti, responsabile dell’unità anti-squali del dipartimento di pesca. Secondo gli esperti, gli attacchi all’uomo in Australia sono circa 15 ogni anno – di cui, circa uno fatale – a causa anche dell’aumento della popolarità degli sport d’acqua.
Secondo gli scienziati, gli squali sono animali longevi che si riproducono poco, ecco perché se vengono cacciati, esiste il forte rischio che si possano estinguere con facilità, nel giro di pochi anni. Il mercato illegale delle pinne non facilita la situazione: una pratica barbara che consiste nel catturare lo squalo e tagliargli le pinne, per poi rigettarlo in mare, dove non potrà più muoversi e nuotare e sarà destinato a morire lentamente. Sono circa 73 milioni gli squali che, ogni anno, fanno questa fine.
Insomma, si pensa di togliere questo animale – perno della catena alimentare marina – dalla lista delle specie protette quando, ad esempio, si continua ad attirarli, gettando carne in mare, per la pratica del cosiddetto “shark-cage“: pratica che consiste nel calarsi in gabbie, in fondo al mare, per osservare più da vicino questi animali. Dopo la tragedia di sabato, il governo australiano ha, finalmente, deciso di emanare il divieto, per i tour operator, di effettuare questa attività.