Dagli esperti di marketing ai tecnici della qualità, fino agli analisti del gusto e ai manager della sostenibilità. Sono, questi, alcuni professionisti che a partire dal prossimo anno potrebbero avere buone possibilità di assunzione nel settore dell’industria alimentare. Le previsioni, infatti, non sono più così cupe, per quanto riguarda questo comparto, secondo i dati resi noti da Federalimentare, l’associazione di settore di Confindustria all’interno del IX Forum dei Giovani Imprenditori.
Se negli ultimi 2 anni sono stati infatti persi 2 milioni di posti di lavoro, il 70% delle aziende (75% per le imprese export-oriented) dichiara di avere intenzione di assumere nuove risorse per il biennio in arrivo, 2013-2014. Una buona notizia, finalmente, in un contesto di aziende che chiudono, cassaintegrati che aumentano e disoccupazione.
E se è vero che l’industria alimentare vive comunque un periodo di crisi, l’esportazione è l’ambito in cui è necessario puntare. A dirlo Filippo Ferrua Magliani, presidente di Federalimentare: “L’industria alimentare attraversa un momento molto difficile: consumi in costante diminuzione, produzione in calo dell’1,6%, solo l’export tiene, soprattutto grazie ai Paesi emergenti, e ci salva. E’ su questo che dobbiamo puntare, anche attraverso un maggiore sostegno delle istituzioni per favorire le esportazioni: promozione all’estero agevolata, contrasto a contraffazione e italian sounding, abbattere le barriere sanitarie”.
“Grande spazio per i giovani nel settore alimentare, sia nella manodopera sia in termini di nuova imprenditorialità”, ha dichiarato Annalisa Sassi, presidente Giovani Imprenditori di Federalimentare. “ Ma l’industria alimentare ha un disperato bisogno di una politica industriale vera. E’ a rischio la competitività del settore se le risorse per il finanziamento e l’autofinanziamento vengono falcidiate da oneri e tasse”.
Lo scorso anno, nel 2011, questo settore ha dato lavoro a 408mila persone. E nonostante una riduzione dei consumi del 2 % dal 2008 e un aumento delle tasse, secondo Federalimentare il settore continua a essere una buona opportunità per quanti sono in cerca di lavoro, o per quanti un lavoro hanno deciso di crearselo.
“Oggi per un giovane appare più attraente entrare in politica, esercitare una professione liberale protetta da un ordine o inserirsi in una piega del sistema Stato, piuttosto che fare l’imprenditore privato di una manifattura del made in Italy esposta alla concorrenza internazionale – sottolinea ancora Sassi – eppure nella filiera agroalimentare ci sono spazi per la cui occupazione non si può che pensare principalmente ai giovani, sia nella manodopera, sia in termini di nuova imprenditorialità. Certo, l’aumento dei costi energetici e degli oneri fiscali non sono fattori che incoraggiano possibili new entry. Alla politica il settore alimentare e il manifatturiero tutto chiedono meno burocrazia e più strumenti per investire sui mercati nazionale e globale, a vantaggio anche di altri settori dell’indotto”.