E’ durata più di tre ore questa mattina la deposizione al Quirinale del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano davanti ai magistrati della Corte di Assise di Palermo nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Un comunicato del Quirinale ha sottolineato che il capo dello Stato “ha risposto alle domande senza opporre limiti di riservatezza connessi alle sue prerogative costituzionali né obiezioni riguardo alla stretta pertinenza dei capitoli di prova ammessi dalla Corte stessa”. Di diversa opinione l’avvocato del Comune di Palermo Giovanni Airò Farulla, che ha invece affermato che Napolitano “molte volte si è avvalso della facoltà di non rispondere, molte volte ha risposto con dei “non ricordo”, e a molte altre domande ha invece risposto”. Il legale ha poi aggiunto che “Giorgio Napolitano ha riferito che, all’epoca, non aveva mai saputo di accordi” tra apparati dello Stato e la mafia per far cessare le stragi”, che “la parola trattativa non è mai stata usata” e che il capo dello Stato ha risposto anche alle domande dell’avvocato del boss Totò Riina.
Proprio per fare chiarezza, nella nota del Quirinale si chiede che “la cancelleria della Corte assicuri al più presto la trascrizione della registrazione” per darne “tempestivamente notizia agli organi di informazione e all’opinione pubblica”. Napolitano era stato chiamato a testimoniare su due punti in particolare: la lettera a lui scritta nel 2012 dal suo consigliere giuridico Loris D’Ambrosio, poi morto d’infarto, che esprimeva il suo timore di essere stato adoperato come “utile scriba di indicibili accordi” negli anni Novanta, quando era in servizio come magistrato prima all’antimafia e poi al Dap, e le informative riservate degli apparati di sicurezza in merito al progetto di un attentato mafioso allo stesso Napolitano e a Giovanni Spadolini nel 1993-94, quando i due erano, rispettivamente, presidenti della Camera e del Senato.
Secondo gli avvocati presenti alla deposizione, a proposito degli “indicibili accordi”, il presidente della Repubblica ha spiegato che il suo consigliere non chiarì mai a cosa si riferisse con quella espressione. L’avvocato Nicoletta Piergentili, legale dell’ex ministro dell’Interno Nicola Mancino, ha riferito invece che Napolitano ha affermato di non essere stato mai “minimamente turbato” dalle indiscrezioni su possibili attentati nei suoi confronti nel 1993 “perché faceva parte del suo ruolo istituzionale”, e avrebbe aggiunto: “Chi riveste un ruolo istituzionale non può mostrare paura o farsi intimidire. Parisi mi disse di continuare a fare la solita vita quindi avevo percepito che c’era un’allerta ma non importante“.
Il procuratore aggiunto di Palermo Vittorio Teresi ha così commentato la deposizione del capo dello Stato: “Il presidente ci ha dato un importante contributo per la ricerca della verità. Siamo molto soddisfatti.Abbiamo potuto porre tutte le domande previste e il capo dello Stato non si è mai opposto. Non si è mai sottratto ad alcuna domanda”. Della stessa opinione il pm Nino Di Matteo, che ha affermato: “Oggi, grazie alla testimonianza di Giorgio Napolitano, abbiamo acquisito ulteriori e importanti elementi di conoscenza anche a conforto della nostra tesi processuale”. Per Luca Ciancaroni, legale di Totò Riina, invece, “Napolitano durante l’udienza è stato un pò “difeso” dalla Corte”.
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