Dopo il Nobel all’uomo morto da tre giorni l’accademia Svedese delle Scienze ha assegnato il Nobel della Chimica al settantenne (vivente) Daniel Shechtman, dell’Istituto di tecnologia israeliano Technion, che dopo 29 anni fa’ scoprì l’esistenza dei “quasi cristalli“.
Subito dopo la scoperta il capo del suo laboratorio gli consigliò di studiare nuovamente i manuali di cristallografia per capire bene cosa doveva studiare. Shechtman però non ha voluto lasciar perdere ed ha deciso di voler credere a ciò che vedeva e sperimentava piuttosto che a quello che aveva studiato. Un vero fautore del metodo scientifico insomma.
La scoperta avvenne l’8 aprile 1982, mentre osservava col microscopio elettronico un metallo composto da alluminio e manganese. Lui per primo rimase estremamente sorpreso quando notò che le radiazioni elettromagnetiche erano deviate dagli atomi e che quindi questi ultimi erano disposti in cerchi a distanze differenti. Fatto questo che dissentiva sensibilmente da quanto riportato nei libri di scuola. I cristalli, infatti, si caratterizzano per avere una struttura atomica o molecolare costante che si ripete nello spazio con regolarità.
Deriso dalla comunità scientifica ha perseverato nella sua ricerca ed in vari momenti fra la sua prima scoperta ed oggi altre osservazioni scientifiche hanno confermato la sua ricerca, permettendo così un grande progresso tecnologico per la costruzione di materiali più resistenti e dotati di virtù utili a diversi tipi di lavorazione.
A metà degli anni 70′ Roger Penrose dimostrò come fosse possibile comporre un puzzle le cui figure non si ripetono mai (tali composizioni ricordavano le tecniche dell’arte Araba medioevale). Tramite questo concetto matematico il cristallografo Alan Mackay dimostrò nel 1982 che una struttura molecolare simile al puzzle di Penrose avrebbe prodotto al microscopio elettronico delle immagini circolari composte da dieci punti luminosi, ossia proprio la conformazione scoperta da Shechtman.
Nonostante questa dimostrazione Shechtman non ebbe i riconoscimenti che gli erano dovuti ed i suoi cristalli aperiodici furono considerati alla stregua di “mosaici arabi atomici“. Nel 1992 l’Unione internazionale di cristallografia finalmente riconobbe il lavoro dello studioso israeliano e cambiò la definizione di cristallo in “solidi che producono un diagramma di diffrazione discreto“.
In apparenza questa scoperta non influenza la vita quotidiana della gente comune, ma Luigi Campanella, ordinario di Chimica all’Università La Sapienza, non è dello stesso parere: “questo premio conferma qual è la nuova frontiera della chimica, ossia quella dei nuovi materiali. Materiali non ancora noti che possono esser usati per una pluralità di applicazioni differenti“. Insomma in un mondo dove l’ecologia ed il risparmio energetico sono le problematiche più diffuse la maggiore conoscenza dei “quasi cristalli” può diventare un argomento fondamentale.