“Finalmente!” Dicono in molti. “Strumentale” gridano gli altri. “Noi ci autodeterminiamo” sbottano quelli sotto accusa. Non siamo in una classe dove il bulletto di turno è stato finalmente rimproverato e la classe reagisce con sbigottimento e confusione. No, siamo nella politica italiana in subbuglio perchè finalmente Napolitano ha avuto il coraggio istituzionale di fare una lavata di capo a capo della Lega Nord Umberto Bossi!
Molti si sono sempre chiesti come possa essere possibile che un ministro della Repubblica Italiana fosse contemporaneamente: a capo di un partito che ne mina l’Unità, propone secessioni, oltraggia la bandiera ed offende il concetto stesso di italianità! Oggi finalmente arriva la sferzata dal Quirinale: “non c’è un popolo padano” ha ribadito Giorgio Napolitano ricordando la sorte del leader separatista del dopo guerra Finocchiaro Aprile, arrestato numerose volte per aver minato l’unità nazionale costituendo un movimento per l’autonomia della Sicilia che arrivò a contare 500000 iscritti.
Già qualche tempo fa’ il Presidente della Repubblica aveva ammonito Bossi, il quale aveva proposto, sull’onda della crisi interna al partito, la secessione. Allora Napolitano aveva usato parole prudenti: “agitare la bandiera della secessione significa essere fuori dalla storia“, cercando in definitiva di smorzare le polemiche e richiamare al comune impegno per far uscire l’Italia dalla crisi che la attanaglia; tuttavia il leader del carroccio non ha fatto neanche un passo indietro ed ha anzi continuato a sbandierare la secessione come rifugio dall’eventuale crash dell’Italia, considerata un poso morto.
La cosa più strana non è però l’indignazione dei leghisti dalle righe del giornale di partito, quanto piuttosto gli attacchi utilitaristici dei giornali di maggioranza che difendono Bossi solo per non destabilizzare il governo! Cose dell’altro mondo. Invece di accogliere il monito di Napolitano come una, tardiva, ma efficace presa di posizione sulla difesa dell’articolo 1 della costituzione (che prevede un’Italia indivisibile), si pensa a piccoli interessi di parte. Sallusti addirittura dichiara da “il Giornale” (quotidiano della famiglia Berlusconi): “Napolitano minaccia di arrestare Bossi, ma se la spara grossa l’obiettivo è un altro” spiega alludendo in seguito che il vero obiettivo del Quirinale sarebbe quello di andare verso un governo tecnico.
Di avviso opposto invece Mauro da “Repubblica”, che fa notare: “a lungo andare il silenzio diventa connivenza, ha rotto un pezzo dell’incantesimo che blocca il paese. Dopo queste parole vivere nella finzione non è più possibile, ci vuole coraggio istituzionale quindi per pronunciarle”. Coraggio che non avrebbe dovuto essere necessario visto che Napolitano ha semplicemente svolto il suo compito difendendo l’unità del paese ed invitando Bossi a pensare in termini “federalistici” e non “secessionistici”, cosa che tutto sommato non è affatto una minaccia e se l’accenno all’episodio storico di Aprile è stato interpretato male… ebbene così è stato solo per opportunismo politico!
I leghisti insorgono: “io esisto e sono padano” è il titolo di apertura de “la Padania”. Da Calderoli a Bossi il popolo dell’entità immaginaria insiste che la padania esiste e sarebbe la parte più importante del paese, ma solo dai giornali di destra si ci nasconde dietro il paravento del “ribaltone” e da “la Stampa” Luigi La Spina scrive: “ancora una volta la grande sensibilità ed esperienza politica del Capo dello Stato ha individuato il problema più grave dell’Italia d’oggi: il distacco e la profonda sfiducia dei cittadini nei confronti di chi li governa. Così va intesa la riforma elettorale che restituisca al popolo il giudizio sui propri rappresentanti alle Camere e tolga alle segreterie dei partiti il potere assoluto di nominarli in Parlamento. Ma anche la sua nuova, durissima condanna di chi, di fronte ai veri problemi del nostro mondo globalizzato, favoleggia soluzioni fuori dalla realtà, come quella della secessione padana!”