Oggi il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha ricordato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ucciso dalla mafia 30 anni fa. In una nota, il Presidente ha reso omaggio non solo al generale, ma anche alla moglie Emanuela Setti Carraro e al coraggioso agente di scorta Domenico Russo, onorandone la memoria e ricordandone l’estremo sacrificio a difesa delle Istituzioni e dei cittadini. La figlia del generale, la nota conduttrice televisiva Rita Dalla Chiesa, ha dichiarato di essere molto legata a Palermo, la città di cui suo padre fu prefetto. Queste le sue parole: “Voglio venire e vivere a Palermo per continuare a stare nel luogo in cui trovo papà . Palermo è una città che amo molto ho parlato con la gente, con i ragazzi, e credo che ci sia un voglia reale di cambiamento”.Così continua la nota di Napolitano:
Ricordare il sacrificio del generale Dalla Chiesa e dei tanti che ne hanno condiviso il destino a salvaguardia dei valori di giustizia, di democrazia e di legalità, contribuisce a consolidare quella mobilitazione di coscienze e di energie e quell’unione d’intenti fra Istituzioni, comunità locali e categorie economiche e sociali, attraverso cui recidere la capacità pervasiva di un fenomeno criminale insidioso e complesso. Eccezionale servitore dello Stato, di comprovata esperienza operativa e investigativa, in Sicilia ed in altre regioni, arricchita dagli straordinari risultati conseguiti nella lotta al terrorismo, il generale dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa fu inviato nuovamente nell’isola, quale prefetto della provincia di Palermo, in una fase particolarmente difficile della lotta alla mafia.
Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa venne ucciso a Palermo il 3 settembre 1982 in via Isidoro Carini. Stava uscendo dalla prefettura a bordo di una A112 bianca, guidata dalla moglie Emanuela Setti Carraro, per andare poi a cena in un ristorante di Mondello. L’auto del generale era seguita da un’Alfetta, allora guidata dall’agente di scorta Domenico Russo. Alle 21.15, mentre passavano da via Isidoro Carini, una motocicletta, guidata da un killer che aveva alle sue spalle il mafioso Pino Greco, affiancò l’auto dell’agente di scorta e lo uccise, mentre una BMW 518, guidata da Antonino Madonia e Calogero Ganci, raggiunse l’auto del generale e della moglie sparando con un fucile AK-47. A 30 anni dalla strage sono stati condannati i sicari e i vertici della mafia. Tre nomi su tutti quelli di Totò Riina, Bernardo Provenzano e Pippo Calò.
Il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri ha deposto una corona di fiori in via Isidoro Carini, a Palermo, davanti alla lapide che ricorda l’omicidio di un uomo che ha combattuto la mafia, come dopo di lui avrebbero fatto anche personaggi del calibro di Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Il ministro è stato accolto dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando. Quest’ultimo ha dichiarato:
Dopo trent’anni è ancora di grande attualità l’ipoteca di mafia e affari sulla politica della nostra Regione. Credo sia un atto di messa in mora di una politica squallida, di mafiosi violenti e di affaristi spregiudicati. Non sto parlando di categorie dello spirito, ma di persone in carne d’ossa che hanno nome e cognome e condizionano la vita della nostra Regione.
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