Ne è passata di acqua di sotto i ponti. Due Guerre mondiali, il boom economico degli anni’60, la Guerra Fredda tra gli USA e quel che era l’Unione Sovietica, la disgregazione della Jugoslavia, i famigerati attentati dell’11 settembre 2001. Solo per citarne alcuni. 100 anni, un secolo. Un secolo di scoperte, di innovazioni, di cambi di regime, dell’avvento delle telecomunicazioni. Abbiamo tralasciato qualcosa? Sicuramente. Ma vogliamo ricordare oggi quel che è il centenario di un evento, estremamente drammatico, avvenuto la notte tra il 14 ed il 15 aprile 1912 e che ancora oggi suscita interesse, mistero e curiosità.
Parliamo dell’affondamento del Titanic. La celebre nave passeggeri britannica della classe Olympic, passata alla storia per la collisione con un iceberg la sopra citata notte. Il Titanic, insieme alle altre due vani gemelle Olympic e Britannic, fu progettato per offrire un collegamento settimanale dall’Inghilterra agli Stati Uniti. Fu costruito presso i cantieri Harland and Wolff di Belfast, in Irlanda, rappresentando per l’epoca la massima espressione della tecnologia navale, oltre ad essere il transatlantico più lussuoso del Mondo. Un colosso navale di 269 metri di lunghezza e 28 di larghezza, per un peso di 46.328 tonnellate ed un’altezza, dalla linea di galleggiamento al ponte, di ben 18 metri. Permetteva il trasporto di 3547 persone tra passeggeri ed equipaggio.
Essendo un gioiello di altissima tecnologia, era considerato praticamente inaffondabile. La nave partì per il suo primo e, purtroppo, unico viaggio inaugurale il 10 aprile 1912 da Southampton e diretta verso New York, comandata dal capitano Edward John Smith. Destino volle che per l’uomo si sarebbe trattato dell’ultimo viaggio prima del pensionamento, coronando alla grande una straordinaria carriera 40ennale. In prima classe partirono molte delle personalità più in vista dell’epoca, tra i quali ricchi uomini d’affari. La seconda classe era popolata invece dal ceto medio: insegnanti, impiegati, commercianti, mentre in terza classe vi erano emigranti provenienti da tutte le parti del mondo e diretti negli USA in cerca di fortuna. La partenza del Titanic causò un enorme risucchio che fece rompere gli ormeggi ad una piccola nave ancorata nei paraggi, la New York, che pericolosamente si avvicinò alla nave. Che fosse già un nefasto presagio? Ormai, tutto è lecito pensar dopo che fiumi di parole sono state spese.
Il 14 aprile, trascorsi 4 giorni di navigazione, il capitano consegnò a Bruce Ismay, ideatore della nave, un messaggio ricevuto che segnalava la presenza di ghiaccio in mare a 400 chilometri sulla stessa rotta del Titanic. Il capitano decise di non ridurre la velocità, sicuro della sua esperienza di riuscire a virare in tempo all’occorrenza. Anzi, i due uomini concordarono di portare la velocità della nave al massimo possibile, in modo da arrivare a New York addirittura con un giorno di anticipo. Mai fu chiarito in effetti su chi pendesse la responsabilità finale della decisione.
Diversi furono i messaggi di ghiaccio in avvistamento che il Titanic quel giorno ricevette nel corso delle ore, ma, seppur presi in considerazione, mai la velocità fu ridotta. Molti messaggi, invece, non arrivarono mai in plancia, poiché i marconiani erano troppo impegnati nell’invio dei messaggi privati dei passeggeri. L’ultimo messaggio arrivò intorno alle 23:00 dal mercantile Californian, fermo nella banchisa a poche miglia dal Titanic e segnalante la presenza di un enorme campo di iceberg. Anche questo messaggio non arrivò in plancia, un forte senso di sicurezza e, probabilmente, di eccessiva spavalderia e capacità nei propri mezzi si impadronì dei membri dell’equipaggio.
Alle 23:35, da due vedette, venne segnalata la presenza di un iceberg di fronte alla nave. Ebbene sì, non con i binocoli, lasciati a terra per l’ansia di partire in anticipo verso New York. Da dirsi è che comunque la mancata presenza dei binocoli fu anche dovuta al rimpasto dell’equipaggio voluto dal comandante, soprattutto dalla sostituzione del suo secondo Blair che prima di andarsene diede ordine di togliere dalla coffa i binari che lui stesso aveva portato. Il risultato è stata una virata di forza a sinistra ad una velocità di 22,5 nodi tale però da non riuscire ad evitare l’impatto con l’imponente massa di ghiaccio. Impatto che dai passeggeri fu però percepito in maniera tutt’altro che violenta. Sei furono gli squarci sotto la linea di galleggiamento. Paradossalmente, sembra che la nave se fosse andata dritta per la sua strada, anziché virare, avrebbe subito un violento impatto frontale con l’iceberg ma, rompendosi, solo i primi due compartimenti, è probabile che la nave avrebbe potuto continuare la sua traversata fino a New York.
Il gigante era destinato a soccombere. I calcoli effettuati dimostrarono che la nave sarebbe rimasta a galla per un’ora e mezza, due al massimo. Immediato scattò dunque l’ordine di abbandonare la nave. I salvagenti erano 3560, ma le scialuppe sono 16 per una capacità totale di 1178 posti, decisamente insufficienti per i passeggeri e l’intero equipaggio. La prima scialuppa venne calata alle 00:40, con a bordo solo 28 persone, la seconda con solo 12 persone, sprecando così decine di posti disponibili. Come disposto dal capitano vennero imbarcati prima donne e bambini, ma ad aver la peggio fu la terza classe, i cui passeggeri riuscirono con difficoltà a trovare il percorso di imbarco per le scialuppe. Solo un terzo infatti se ne salvarono, lasciando, così, spazio alla leggenda secondo cui furono trascurati. In merito, a dirla tutta, vi sono state anche diverse testimonianze.
Ad un’ora dall’impatto erano circa 25 i milioni di litri d’acqua imbarcati e 1500 le persone ancora a bordo. Molte delle persone, sapendo della mancanza di disponibilità delle scialuppe, affrontarono con disinvoltura il proprio triste destino, danzando sulle note dell’orchestra che suonò almeno fino all’1:40. Ad onor di cronaca è doveroso dire che tutti i musicisti perirono nel naufragio. Dalla prua completamente sommersa, alla mancanza totale della corrente che gettò la nave nell’oscurità illuminata solo dallo splendore stellare, fino a quando anche la poppa, prima inclinata a 30°, poi perpendicolare, si inabissò, determinando la triste fine del gigante nautico. Dei 2223 passeggeri imbarcati, compresi gli 800 uomini dell’equipaggio, furono 1523 le persone a perdere la vita. L’evento ebbe una gigantesca risonanza mediatica e destò tale impressione da portare alla convocazione della prima conferenza sulla sicurezza della vita umana in mare.
Al di là delle testimonianze, dei contenziosi, delle inchieste, degli accertamenti e scaricamenti di responsabilità, resta l’amarezza per una tragedia che poteva essere evitata dalla stessa genialità dell’essere umano che, in quanto tale, fu capace di ideare e realizzare quello che fu un gigante della tecnologia dell’epoca, non capace però di arginare gli eccessi della superbia e della sicurezza dell’uomo.
Diverse sono state le trasposizioni cinematografiche del drammatico naufragio. Se ne possono contare quasi una ventina, ma quello che ha maggiormente colpito il Mondo, e le generazioni future che grazie ad esso hanno potuto conoscere più da vicino (sebbene in maniera più romanzata) i dettagli della tragedia, è il Titanic di James Cameron. Il film, vincitore di ben 11 Premi Oscar, è diventato anche il film con i più grandi record di incassi di sempre (superato 12 anni dopo da Avatar dello stesso regista), consacrando al mondo del cinema Leonardo Di Caprio e Kate Winslet.
Un viaggio commemorativo era stato organizzato dalla nave Balmoral che, partita da Southampton la scorsa settimana, avrebbe dovuto ripercorrere il tragitto del Titanic. Destino ha voluto che il maltempo e il malore di un passeggero, costringessero la nave da crociera ad invertire la propria rotta mettendo così fine al viaggio. Che sia davvero una maledizione quella del Titanic? D’altro canto, nel 1898 (forse non tutti lo sanno), fu scritto un romanzo dal titolo Futility, or the Wreck of the Titan di Morgan Robertson. L’uomo scrisse di un transatlantico chiamato Titan che affondò in poche ore nel Nord Atlantico dopo essersi scontrato con un iceberg. Molte, moltissime, sono le analogie con quella che è stata poi l’effettiva tragedia del Titanic. Coincidenza? Profezia? Maledizione? Sta di fatto che il fascino misterioso del Titanic non smette mai di esercitare la sua dirompente forza.