Charlie Hebdo ha vinto, almeno per il momento. Parliamo di uno dei settimanali satirici francesi politicamente più scorretti che ha lanciato tutta una serie di vignette di grande impatto sul profeta dell’Islam Maometto e che hanno avuto non solo un grande riscontro dal punto di vista commerciale, ma anche un ottimo ritorno da un punto di vista pubblicitario. Già sei anni fa, un’iniziativa simile fruttò al giornale ben 400 mila copie vendute e un attentato di matrice islamica alla propria sede. Ebbene, però, la Francia sembra determinata a difendere la libertà d’espressione evitando qualsiasi tipo di censura.
Il premier francese Jean-Marc Ayrault ha infatti ricordato che il diritto alla satira è tutelato e ha proibito qualsiasi manifestazione di matrice islamica sul territorio francese, ribadendo l’invito, a tutti coloro che si sentissero offesi, di rivolgersi alla giustizia dei tribunali transalpini. Ed, in effetti, qualcuno l’invito l’ho raccolto. Charlie Hebdo è stato infatti denunciato da ignoti per istigazione all’odio. Nel frattempo il governo francese ha deciso di difendere le proprie rappresentanze all’estero in vista di probabili violenze. Ambasciate e scuole della Francia saranno quindi chiuse domani, essendo venerdì è il giorno della preghiera islamica e spesso le manifestazioni trovano istigazione proprio nei sermoni che hanno luogo nelle moschee. Il tutto in circa 20 Paesi sensibili, come la Tunisia, dove il partito islamico Ennahda, al potere, ha esortato i musulmani a manifestare il proprio sdegno.
Sembra che la chiusura sarà prorogata in quanto le paure di eventuali attacchi alle ambasciate non sembra per nulla infondata. Nelle vignette di Hebdo non mancano pesanti allusioni sessuali alla figura di Maometto con diversi riferimenti al film “L’innocenza dei musulmani“, che dipinge Maometto come un vero e proprio depravato. Da Washington il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, ha condannato il film “L’innocenza dei musulmani“, dipingendolo come disgustoso e riprovevole, mentre per quanto riguarda le vignette pubblicate in Francia, Carney le ha definite offensive, pur non andando a criticare il diritto di poterle pubblicare.