Il ddl Cirinnà sulle unioni civili ha superato il primo scoglio al Senato, dove l’aula, con 101 voti a favore, 195 contrari e un astenuto, ha respinto con voto palese la richiesta di non passaggio all’esame degli articoli del disegno di legge, avanzata dal leghista Roberto Calderoli, da Gaetano Quagliariello di Idea e da altri 74 senatori, che in caso di approvazione avrebbe fatto tornare il testo in commissione. Tutto il Pd si è espresso contro tale richiesta, così come buona parte dei verdiniani ed anche, compattamente, il Movimento 5 Stelle, il cui leader Beppe Grillo, lo scorso 6 febbraio, aveva annunciato che i suoi avrebbero votato secondo coscienza, per poi precisare, dopo le proteste della base, che sull’impianto generale della legge si sarebbero comunque pronunciati a favore, rispettando il referendum online di ottobre 2014.
Il presidente del Senato Pietro Grasso aveva respinto la richiesta di voto segreto sul passaggio all’esame degli articoli del ddl Cirinnà, spiegando che “il tema rientra non tanto nella sfera di applicazione degli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione”, riguardanti la famiglia e il matrimonio, quanto “nell’ambito di applicazione dell’articolo 2″, in cui si fa riferimento a “formazioni sociali“. La decisione di Grasso è stata però duramente criticata dai senatori che avevano chiesto il voto segreto: Calderoli l’ha definita una “scelta politica presa in solitaria”, mentre Quagliarello ha definito il presidente del Senato “arbitro di parte“. Carlo Giovanardi di Idea, invece, ha annunciato che giovedì mattina depositerà alla Corte Costituzionale un ricorso per conflitto d’attribuzione relativo al disegno di legge sulle unioni civili, sottoscritto da 51 senatori di opposizione, e ha attaccato Grasso dicendo: “Lei fa il servo sciocco della maggioranza e non tutela la minoranza e su una materia così importante”.
Il presidente del Senato ha invece accolto la richiesta del capogruppo democratico Luigi Zanda e convocato la conferenza dei capigruppo, che ha deciso che le votazioni sugli emendamenti inizieranno martedì 16 e andranno avanti per tutta la settimana, a parte mercoledì 17, quando il premier Matteo Renzi terrà un’informativa sul consiglio europeo. Si è infatti concluso con un “nulla di fatto” l’incontro svoltosi in mattinata tra Lega, Forza Italia e Pd che avrebbe dovuto portare ad un accordo per il ritiro di circa il novanta per cento dei quasi cinquemila emendamenti presentati dal Carroccio: la trattativa continuerà fino a martedì, anche se i democratici sono pessimisti sull’esito, poiché, temono, “la Lega non ha nessun interesse politico a farlo”. A quel punto, il Pd potrebbe mettere in campo il “supercanguro”, l’emendamento che ha come prima firmatario il senatore Andrea Marcucci, che farebbe decadere moltissime altre proposte di modifica al testo della legge, comprese però quelle presentate dai “cattodem”, creando cosi un grave problema nel partito.
All’assemblea del Pd al Senato, Zanda ha cercato di mediare fino all’ultimo con quest’area del partito, composta prima da una trentina di senatori, a cui ora se ne sarebbero aggiunti altri cinque-sei: inizialmente, infatti, si era deciso di lasciare libertà di coscienza solo sul voto di tre emendamenti, tra cui quello, proposto da Stefano Lepri, che prevede l’affido rafforzato al posto della “stepchild adoption”, ma i cattolici chiedevano di poter votare secondo coscienza su nove emendamenti, e alla fine il capogruppo ha deciso che saranno sei quelli su cui non si sarà vincolati dalle indicazioni del partito. Sul ddl Cirinnà rimane comunque l’incognita di circa 125 richieste di voto segreto, di cui una cinquantina sarebbero state presentate dalla Lega Nord, altre 50 da Forza Italia e 25 da Ncd, e che sarà poi il presidente Grasso a dover decidere di volta in volta se concedere o no.