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“Uccidiamo Obama”, l’ultimo piano di Osama Bin Laden

“Uccidiamo Obama”, l’ultimo piano di Osama Bin Laden

Anche fino a pochi giorni prima della sua morte, il pensiero fisso di Osama Bin Laden è stato quello di uccidere il Presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama. Se Obama fosse morto, al suo posto sarebbe diventato presentato il vice Joe Biden. Ma qui sta il “diabolico” di Bin Laden, che considerava il vice di Obama davvero inadeguato al compito di guidare gli USA. Come si evince dalle 48 pagine del diario del leader di al-Qaeda, l’obiettivo di Osama Bin Laden era quello di uccidere i suoi due peggior nemici: Obama e David Petraeus, il generale che comandava la guerra in Afghanistan e aveva conquistato l’Iraq. Il piano era quello di poter uccidere i due magari durante una delle loro missioni a Kabul.

Il sogno proibito di Obama era quello di realizzare un grande attentato su suolo statunitense, ma il terrorista,  individuato grazie ad un’operazione di intelligence condotta fin dall’agosto dell’anno precedente e ucciso in un conflitto a fuoco a Abottabad il 2 maggio 2011, era consapevole del fatto che molti islamici a causa degli errori commessi in Iraq si erano allontanati dalla sua organizzazione, indebolendola notevolmente. Il diario di Osama è ricco di testimonianze risalenti fino al giorno prima della sua uccisione nel blitz voluto da Obama, con evidente consapevolezza del fatto che il giorno della sua morte sarebbe effettivamente potuto arrivare. Per paura di essere scoperto, comunicava con i suoi luogotenenti solo via lettera, il che comportava il ritardo estremo di numerosi ordini, a volte anche di mesi.

La paura si faceva ogni giorno sempre più esagitata e non riguardava più solo la minaccia statunitense. Anche quando il figlio Hamza venne liberato da una prigione dell’Iran gli ordinò di togliersi tutto ciò che aveva addosso, nella convinzione che gli ayatollah gli potessero aver piazzato delle cimici addosso per risalire a lui. Insomma minacce, pensieri cupi e piani distruttrici, ma anche la cupa rassegnazione che forse la forza devastatrice non era più quella che colpì gli USA e il mondo intero quel giorno indimenticabile, l’11 settembre 2001.

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