Kathryn voleva i pantaloni. E i capelli corti. Poi camion e spade. A due anni già insisteva nel dire: “Io sono un maschio”, litigando quotidianamente con i suoi genitori, che alla fine hanno capito che Kathryn non era solo un maschiaccio. Poi, hanno dovuto capire come gestire la cosa. “Io sono un maschio” è diventato un tema costante nelle lotte per inerenti gli indumenti, il bagno, in piscina. Una lotta persino per mangiare, giocare, respirare.
Jean e Stephen hanno rinunciato a tentare di forzare Kathryn di indossare gli abiti con balze che la nonna aveva messo da parte. Kathryn non voleva avere niente a che fare con la sua scintillante sorella maggiore Moyin. Kathryn non voleva nemmeno avere intorno altre bambine, figuriamoci riconoscersi biologicamente in una di loro, raccontano i genitori al Washington Post.
Jean, la madre di Kathryn, ha cercato di far capire a sua figlia quale fosse la sua reale natura, mostrandole un libro di anatomia, con foto di donne e uomini nudi, mostrandole come lei fosse dunque una femmina. Ma Kathryn, per tutta risposta, ha chiesto a sua madre: “Quand’è che mi hai cambiato?” Jean si è sempre considerata di mentalità aperta, ma questo era chiaramente fuori della sua sfera di esperienza.
Così è andata online per vedere se un libro su bambini transgender esistesse. E lo ha trovato: “The Transgender Child: A Handbook for Families and Professionals”, nel quale si cerca di spiegare cosa fare se la tua bambina vuole vestirsi come un maschio, dice di essere un maschio e cose simili.
Bingo. Jean, 38 anni , e Stephan, 40, si sono incontrati in una palestra di Washington e si sono sposati nel 2001. Entrambi sono insegnanti, ma Jean ha deciso di smettere di insegnare per stare a casa con i loro figli e curare la loro istruzione. Stephen, che viene da una famiglia di immigrati, insegna scienze in un liceo pubblico, dove è amato da molti dei suoi studenti.
Eppure, Jean non era sicura di come suo marito avrebbe reagito ai suoi sospetti che Kathryn potesse essere transgender. Decise quindi di parlargliene solo se ne fosse stata convinta al 100%. La donna, navigando, in rete, ha poi scoperto, mediante opportune ricerche, che tanti erano i genitori alla prese con questo tipo di problema, venendo rassicurati da molti mamme e papà sul fatto che il comportamento transgender dei figli, con il tempo, è poi sparito ed è tornato tutto alla normalità. Tuttavia, la preoccupazione di Jean derivava dal fatto di aver letto di bambini che assumono prodotti per bloccare la pubertà mentre sono ancora nella scuola elementare, o di ragazzi che intraprendono terapie ormonali ancora prima di finire il liceo.
La storia di Kathrin è stata scelta dal Washington Post come testimonianza di quello che gli psichiatri chiamano “disturbi dell’identità di genere nei bambini“. “Nei bambini, la consapevolezza di genere si solidifica tra i tre e i sei anni” ha spiegato Patrick Kelly, uno psichiatra della divisione di psichiatria infantile e adolescenziale presso il Centro John Hopkins.
Il manuale psichiatrico che si occupa dell’argomento è in fase di aggiornamento e si sta pensando di rimuovere il termine “disordine” con “incongruenza di genere”. In ogni caso Jean e Stephan hanno portato la loro Kathryn da uno psichiatra di Philadelphia, il quale ha consigliato loro di lasciar vivere la bambina come se fosse un maschietto, come lei vuole. Ora Kathryn è chiamata dai genitori con il nome di Tyler, ovvero quello che Jean e Stephan avrebbero scelto se avessero avuto un maschietto.