Mentre Spielberg lancia il suo “Tintin” al festival di Roma viene invece, finalmente, un forte richiamo al tricolore, il più comico spettacolo del mondo ha una inaspettata versione tridimensionale: Totò, il Principe della Risata ha realizzato il primo film tridimensionale realizzato in Italia nel lontano 1953.
L’anno 1953 era un anno difficile. La fine della guerra era recente e fra fame e dolore ancora troppo forti per lasciare spazio ad altro gli italiani hanno dimostrato ancora una volta che può mancargli il contenuto del portafoglio, ma non quello della fantasia, dell’immaginazione e del genio made in Italy. Il 3D non è nato con i film degli ultimi anni come Avatar ed il più attuale Tintin, ma con Totò e con Mario Mattoli, uno dei migliori sceneggiatori e registi italiani di tutti i tempi.
Il film adesso è stato restaurato con la collaborazione di Cinecittà Digital Factory ed Aurelio De Laurentis, che hanno fatto proprio un bel lavoro nel riportare più attuale che mai l’opera in cui Totò interpreta il clown Tottons, l’attrazione principale di un grande circo, costretto a vivere senza mai struccarsi per nascondere la propria identità. La storia poi è articolata e divertente come solo quei film del Principe sapevano ed ancora oggi sanno essere, con l’intreccio che fa incontrare personaggi pieni di vita e realismo surreale come il padrone cattivo, i colleghi invidiosi ed il poliziotto persecutore, mentre il povero Tattons deve districarsi da una gabbia di leoni e belle donne, per un impianto comico indimenticabile.
Se poi alla qualità artistica dell’opera si aggiungono le partecipazioni a vario titolo di Silvana Mangano, Peppino De Filippo, Aldo Fabrizi e Carlo Campanini allora non si può propria far altro che applaudire! Applaudire come fa il pubblico del circo del film, fra cui si nascondono, quasi invisibili a chi non li cerca attentamente, anche personaggi come Mario Monicelli.
Da Roma è venuto dunque un forte consenso e De Laurentis sta pensando di cedere a Sky il suo Totò 3D. “Siamo all’assurdo: sono gli esercenti a dettare legge e non voglio sentirmi dire stupidaggini tipo: “questo film è napoletano e a Milano non va”. Sono disposto a mandare il film in sala, ma non posso farlo da solo. Ci vorrebbe che il Ministero della Pubblica Istruzione facesse studiare Totò a scuola.” Amare riflessioni di chi già sessant’anni fa aveva realizzato senza fondi statali (negli anni d’oro del cinema italiano) con la Podelvision un costosissimo sistema di ripresa tridimensionale eseguita con due camere da presa, uno per l’occhio sinistro ed una per il destro.
Però, nonostante tutte le rogne il produttore, nonché patron del Napoli calcio, ha detto che ne sarebbe valsa la pena restaurare questo film anche solo per riportare a questo pubblico di Roma quel sogno che era stato l’unico film, quando ancora Hollywood neanche lo immaginava, in 3D, sperimentato da un Totò definito da De Laurentis lo “lo Steve Jobs della comicità: l’unico passato dal 2D al 3D. Non posso dimenticare che mio padre, operaio all’Alfa Romeo, dopo turni stremanti rideva, in cucina, con i film di Totò. In tempi di crisi, è la medicina giusta.”
Nel 1953 il film non venne accolto con successo, al punto che furono distribuite solo 10 copie di quel clownesco Antonio de Curtis tridimensionale, quando il banco e nero era ancora il più conosciuto sugli schermi. Oggi rischia di venire ancora una volta incompreso quel genio della comicità, capace però di un’abilità interpretativa che ha trasceso perfino le smorfie delle sue parti più ridicole e farsesche. E’ incoraggiante pensare che nonostante crisi e lerciume amministrativo e morale il nostro paese abbia dato i natali ad opere e persone capaci di rimanere nel tempo, ma specialmente di lasciare la speranza di un futuro con una prospettiva migliore, un futuro con una dimensione in più.