Circa 300-400 pescatori italiani sono riuniti da stamane a Motecitorio, dinanzi alla Camera dei Deputati, in segno di protesta. Alcuni degli striscioni portati dai pescatori recitavano: “La Comunità Europea ci affonda”, “Vi state mangiando anche le nostre barche”, “Le regole del Nord Europa non valgono per il Mediterraneo”. “Siamo qui per dire no alla licenza punti che ci vuole imporre la Comunità Europea così come anche il giornale di bordo. Per non parlare poi del caro carburante: così non riusciamo ad andare avanti e c’è il rischio di un blocco totale” ha dichiarato uno dei protestanti. La protesta è stata scandita dalla continua esplosione di petardi da parte dei manifestanti che urlano slogan contro il governo e i ministri. Dopo una raffica di bombe carta lanciate verso la Camera dei Deputati, le forze dell’ordine sono intervenute, creando un cordone in piazza Montecitorio, cercando di contenere la protesta dei manifestanti.
Momenti di alta tensione si sono avuti soprattutto nel pomeriggio quando due pescatori sono rimasti feriti in seguito agli scontri con le forze dell’ordine. Difatti, è ancora disteso a terra uno dei due feriti e sta ricevendo le cure del personale paramedico. L’altro manifestante ha riportato delle ferite alla testa (ma non sembra essere in gravi condizioni) e si è allontanato dalla piazza, insieme ad altri due pescatori. Uno dei pescatori ha raccontato: “Ad un mio amico gli è arrivata una manganellata sulla mano e si è fatto male ad un dito. Forse si è rotto perchè ha detto che gli faceva davvero tanto male”.
I motivi della protesta sono disparati come si evince anche dalle parole di Luigi Giannini direttore di Federpesca: “Le imprese di pesca tornano a far sentire prepotentemente il loro grido di protesta contro le mille vessazioni con le quali devono quotidianamente fare i conti dal prezzo del gasolio tra i più alti d’Europa per via di un sistema distributivo fortemente bloccato, ai molteplici adempimenti burocratici, spesso di origine comunitaria, che si traducono in veri e propri oneri impropri riservati solo alle nostre imprese che devono poi confrontarsi in un mercato aperto a tutte le importazioni da Paesi extracomunitari, che tali costi non devono sopportare”.