Nella realizzazione del Ponte di Genova, Fincantieri ha avuto una parte da protagonista. L’azienda leader nel settore della cantieristica navale ha applicato tutto il suo know-how nella realizzazione delle parti più importanti.
Un percorso iniziato con il taglio della prima lamiera avvenuto l’11 marzo 2019 allo stabilimento Fincantieri Infrastructure di Valeggio sul Mincio, proseguito con l’innalzamento del primo impalcato l’1 ottobre 2019 che ha visto 7 mesi di lavoro ininterrotto per sollevare tutte le campate che compongono il nuovo ponte. Fino ad oggi con il posizionamento dell’ultima campata in acciaio ad oltre 40 metri di altezza.
Le 17.400 tonnellate d’acciaio sono state forgiate negli stabilimenti Fincantieri di tutta Italia e vi hanno lavorato più di 800 persone. L’assemblaggio e la saldatura dell’impalcatura sono state possibili grazie ad ingegneri e tecnici specializzati della controllata Fincantieri Infrastructure.
Inoltre saranno realizzate da società del gruppo Fincantieri le tecnologie e i sensori speciali che faranno del viadotto di Genova il primo “smart bridge” d’Europa.
Alla cerimonia di posizionamento dell’ultima campata del ponte, Giuseppe Bono, amministratore delegato di Fincantieri, in una intervista al “Il Secolo XIX” sulla tempistica della nuova opera ha detto: “Fare le cose per bene dovrebbe essere la normalità, e lo è per molti. Guardiamo cosa stanno facendo in questo momento tutti i professionisti della sanità. Certo, curare le persone è la loro responsabilità, ma siamo senza parole per lo spirito di abnegazione e per la cura verso il prossimo con cui lo stanno facendo. Il miracolo non è stato fare bene il ponte, ma farlo rapidamente, senza per questo venir meno agli standard di qualità e di sicurezza. È stato necessario semplificare le procedure ordinarie e affidarsi a una azienda solida come la nostra, che ha un patrimonio di risorse gestionali, ingegneristiche e tecnologiche in grado di sostenere questa e altre responsabilità. La costruzione di navi non lascia spazio a nemmeno un giorno di ritardo”.
Su quest’ultima affermazione aggiunge: “Solo nel 2019 ne abbiamo consegnate 26, tra cui 8 tra navi da crociera ed expedition cruise, e 3 navi militari, oltre ad averne varate altrettante per la nostra Marina. Questi standard operativi traslati nella realizzazione del ponte hanno fatto gridare al miracolo in un paese abituato ad aspettare anni e anni per il compimento di infrastrutture strategiche”.
Spiega poi che “un’opera simile è di per sé stessa molto complessa”, ma che “non ci sono stati aspetti che ci hanno messo in difficoltà”.
“Abbiamo fatto fronte – dice Bono – a imprevisti e rallentamenti esogeni, dall’attesa delle aree dove è stato demolito quel che rimaneva del Morandi al maltempo, che talvolta ha impedito di effettuare determinate lavorazioni o ha influenzato il ritmo dei trasporti via mare dallo stabilimento di Stabia e, non ultima, l’emergenza pandemica. In ogni caso, ogni giorno, si è lavorato per far sì che nessuno di questi elementi incidesse sui tempi di realizzazione”.
Adesso il ponte di Genova può rappresentare una regola da applicare per far ripartire le opere.
Ecco come risponde l’AD di Fincantieri: “Le regole, nella maggior parte dei casi, nascono con un buon intento. Tutte devono però confrontarsi con la realtà su cui vanno a incidere. Guardiamo alla disciplina europea sulla concorrenza: quand’è nata era ispirata a principi condivisibili, ora rischia di essere un ostacolo alla nascita dei campioni industriali europei, un handicap sul piano geo-economico per l’intero continente”.
“Quello che stiamo vivendo in queste settimane – aggiunge – ci ha insegnato cosa significa per un paese la mancanza di produzioni strategiche. Il modello Genova è stato testato sul campo, in condizioni straordinarie, e indica la strada da seguire per semplificare, anche in situazioni più ordinarie”.
Non solo quindi navalmeccanica per Fincantieri ma anche grandi opere. “Se un gruppo industriale solido come il nostro – conclude Bono – sviluppa con serietà e competenza nuove tecnologie, ha poi la possibilità di esportarle in altri settori. E’ quello che abbiamo fatto con l’acciaio, dalle navi alle infrastrutture, e anche con le tecnologie del ponte: sensori, robotica per la manutenzione, pannelli fotovoltaici che lo alimentano, tutti sistemi sviluppati a chilometro zero dalle nostre controllate genovesi Seastema e Cetena”.